Ho dei seri problemi con la mia dentista, va detto per inciso una bravissima persona con un nome altisonante, anche stimata nell’intero e sterminato ambiente odontoiatrico bergamasco, ma che si è messa in testa di sistemarmi in un mese esatto una bocca disastra da dieci anni e passa di incurie, vissuti quasi interamente tra cicchetti zuccheratissimi e spazzolini vecchi e secchi, spesso privi di setole e usati solo la mattina del primo martedì del corrente mese.
Con la dottoressa mi sono messo d’impegno all’inizio di questo strano e freddo aprile, costretto dai famigliari che, un attimo prima della foto finale del compleanno di mia sorella Chiara, mi avevano chiesto di restare serio, per non mostrare al mondo il mio sorriso, privo di due denti, molari dell’arcata superiore. Uno l’ho perso sulla spiaggia di Cesenatico, credo fosse l’estate del 2011: Vinicio, il mio primogenito, allora cinque anni, stava morendo disidrato sotto il solleone perché io non riuscivo ad aprire una bottiglietta di acqua frizzante della prestigiosa marca San Pellegrino, azienda dell’omonima località termale, probabilmente chiusa da uno dei tanti Maciste che si trovano nelle meravigliose valli orobiche. Con le mani impossibile. Così nel panico, col popo che strepitava, l’avevo tentata coi denti, senza riuscirci, ma restando in qualche modo offeso. L’altro non ricordo, ma sono sicuro che mi è cascato di recente, già da uomo, insomma una volta diventato grande e grosso, perché è accaduto tristemente, senza ricevere al mattino manco un soldo, né dai miei genitori, Marco e Valeria, né dai loro compagni, Angela e Ernesto.
Comunque la dentista, quell’altro lunedì mi ha rimesso i due denti perduti, poi un mercoledì a metà mese me ne ha staccati altri due, quindi mi ha tirato insieme sette carie vecchie e secche. Io ogni volta scainavo, parevo un cane da caccia alla corda, lei sorrideva soddisfatta del suo lavoro, quasi godesse di fare il suo mestiere in un tempo tanto stretto. Ma non è oro tutto quello che luccica, lo sanno bene gli zingari, che hanno in bocca migliaia di euro in metalli prestigiosi, così è successo che prima di incontrare la dentista stavo bene, un fiore, felice e pieno zeppo di idee e di speranza. Ora invece ho il viso tumefatto a causa del dolore che mi hanno dato i suoi lavori alla velocità della luce (che mi guarda e mi cura quattro incisivi in quattro e quattro otto), la parte destra della mia faccia è momentaneamente bloccata, ho un ascesso e parlo male, ancora più confuso del solito. E mi accorgo di essere tristissimissimo, un peso per l’intera umanità che già soffre per la guerra. In più ho un costante mal di stomaco perché vivo nel terrore di dovere andare da lei.
Così da due giorni cerco una scusa per evitare il quotidiano appuntamento con la mia salute orale. Ieri le ho detto che non andavo perché forse avevo il Covid, lei non ha fatto una piega e mi ha detto: “Sono vaccinata, che problema c’è?”. Oggi alle sei di sera le ho spiegato che sono in dubbio per domani perché ho addosso una forte flatulenza e mi vergognerei un sacco se mi mettessi sul lettino e mi capitasse di scoreggiarle addosso, impregnandola. Imbarazzo. Dopo un’ora mi ha richiamato, promettendomi che non mi avrebbe staccato i due denti del giudizio, come invece mi aveva annunciato trionfante e col ghigno martedì scorso, e che quindi potevo finirla di sparare minchiate sulla mia panza (psicosomaticamente) malata.
E io, che non ho davvero nulla coi dentisti, tornavo da Ghisalba e pensavo un sacco al cinema, ai primi film horror che ho visto da ragazzo, dove c’è sempre un cattivissimo che ti infila il trapano in bocca finendo poi per accopparti. E mi sentivo un uomo molto fortunato, che lei, la mia famosa dentista parecchio pressante perché assai appassionata del suo mestiere, quantomeno mi fa l’anestesia.
Matteo Bonfanti
Nella foto: il mio viso mai così triste e mai così gonfio per via della dentista