L’alba della notte in cui l’Atalanta ha scritto la pagina più bella della sua secolare storia vive sull’angoscioso dilemma dell’ultimo mese nerazzurro: Gasp va o resta? Intanto il mister, che più volte abbiamo definito un genio non solo per come fa giocare i suoi ragazzi, ma anche nell’ormai ambito chiave per ogni allenatore italiano che è quello della comunicazione, raddoppia, spiegando ai tanti giornalisti presenti ieri notte a Reggio Emilia che la sua scelta di far diventare la Dea la favola della prossima Champions League non dipende dai soldi che entreranno nel suo borsellino. Gian Piero, che chi scrive non conosce personalmente, ma adora, ci regala l’ennesima perla, a una certa età, dopo parecchi anni di onorata professione e di ingaggi in linea con le proprie straordinarie capacità, una decisione, quella tra Bergamo e Roma, la si fa per altri motivi, ben più importanti, che il mister ha spiegato meravigliosamente lasciando di stucco i cronisti bergamaschi, per la maggior parte ultrà nerazzurri, quindi emotivamente coinvolti, “si va avanti se c’è la piena condivisione delle idee calcistiche”. Che, significa, neppure il pres, che è il proprietario del club, deve intromettersi nel mio lavoro. Ed è un’altra bella lezione in tempi dove a decidere, non solo nel pallone, che è lo specchio della nostra società, ma in qualsiasi lavoro, l’ultima parola non spetta a chi ha il talento e la competenza, ma a chi ha il denaro.

Gasp sta chiedendo qualcosa di unico in Italia, che invece succede normalmente in Inghilterra, la patria del pallone moderno, a riprova la finale di Champions tra Liverpool e Tothenham, ossia la figura dell’allenatore che diventa manager, insieme mister, direttore sportivo e direttore generale. Se in estate io dico che il mercato è triste e in tutta risposta devo sentire e leggere che non c’è mai stata una rosa più forte nella storia del club, allora c’è qualcosa che non va a livello di sintoniaAlla mia età non contano i soldi, conta la soddisfazione di poter perseguire i miei obiettivi rimanendo fedele al mio calcio. Se saremo d’accordo su questo punto fondamentale, nessun problema”. Chi ha orecchie per intendere, intenda, Gian Piero vuole fare il mercato, stabilire chi resta e chi può lasciare la barca, scegliere i quattro-cinque uomini necessari per far fare un ulteriore salto di qualità a una rosa già eccezionale. Il ds Sartori pare avvisato, il presidente Percassi dovrà fare una scelta tra i suoi due elementi chiave, perché se è vero che il mister nerazzurro è attualmente il meglio che c’è in Italia, anche il dirigente, che di nome fa Giovanni, è uno assai in gamba, che negli anni non ha mai cannato un’operazione, con un capolavoro ogni estate, sua Signoria Fantasia Josip Ilicic e il bomber più prolifico della Serie A, al secolo Duvan Zapata, 23 centri nel 2018-2019, diversamente da chi ha vinto il titolo di capocannoniere tirando un solo calcio di rigore, sono solo due dei tanti.

Dove iniziano i meriti dell’uno, dove finiscono quelli dell’altro è cosa impossibile da stabilire. Il Professore sloveno è arrivato a Bergamo con l’etichetta di talento discontinuo, ora è sempre il migliore ed è corteggiato da mezza Italia, Cristante, dato per finito, nella passata stagione giocava nel centrocampo atalantino esattamente tre metri sopra il cielo. Passato alla Roma a suon di milioni di euro, trenta per l’esattezza, è tornato quello visto con la maglia del Benfica, a sprazzi, mai del tutto convincente, privo di un ruolo preciso nello scacchiere giallorosso.   

Fossimo nel presidente atalantino, ora la vivremmo come l’Amleto dell’essere o non essere, nel dubbio. Al netto che la Dea gioca attualmente il miglior calcio in Italia, che decida di restare o che vada a Roma il Gasp con le parole di ieri ha già vinto. Chiudiamo con un’ideuzza della sera, che si lega al tema del giorno, quello delle elezioni. Si fosse candidato Gasperini a sindaco di Bergamo, avrebbe preso probabilmente il novanta per cento. 

Matteo Bonfanti