Prima di sette operazioni al mio tallone d’Achille, il mio infame ginocchio destro, ormai prossimo all’artrosi, ero bravino, terzino o ala, mediano o trequartista, a seconda degli allenatori che avevo davanti nella preparazione di settembre. Giocavo nelle giovanili dell’Aurora San Francesco, la società calcistica del mio quartiere, il più povero della mia città, l’unico con le case rosse, le Gescal, gli immigrati dal Sud, lo spaccio, il fumo, gli sbirri e l’immensa accoglienza dei Frati. Premetto che io non sono figlio di povera gente, Marco, mio babbo, Valeria, mia madre, prima della pensione erano insegnanti, va detto docenti bravissimi, dei rarissimi che si portavano a casa i disperati che avevamo vicino, a centro metri esatti dal nostro appartamento. Torno al tema, quella schifezza che è la legge Spadafora, io, che ero buono buono, giocavo con Claudio, che era un mostro, un centravanti potente, velocissimo, letale. Insieme facevamo faville, io alzavo lo sguardo e gliela passavo facile, lui faceva il resto, ne scartava due o tre, segnava e poi vincevamo. Così nell’estate del 1992 a casa del nostro presidente, un uomo carinissimo, assai cattolico, molto dolce, che di cognome faceva Cornago, arrivò il responsabile del vivaio dell’Olginatese, club di punta, all’epoca straricco, con addirittura più risorse della stessa società del nostro capoluogo di provincia, il Calcio Lecco. Propose una discreta cifra per il passaggio di noi due di là dall’Adda e Cornago non disse nulla. Ci convocò l’indomani e ci disse tutto quanto in modo schietto e sincero: “Vorrei che restaste qui, siete i miei figli, ma se voi andate a giocare a Olginate io pago le iscrizioni di ogni squadra e non chiedo una lira alle famiglie, che qui di soldi non c’è ne è manco mezzo”. Noi scegliemmo di cambiare squadra, provando una bellissima esperienza che ci è restata a entrambi nel cuore. L’Aurora San Francesco pose un altro mattoncino per diventare quello che è ora, una meravigliosa società quasi a costo zero, come tante altre realtà bergamasche che conosco, 200 o 300 euro all’anno per un anno di sport, praticamente 1 euro ad allenamento, un’inezia rispetto ai 70 euro per un’ora di tennis, ai 60 per 45 minuti in vasca, ai 40 per una mezzorata in una palestra, che sia basket o volley. Il calcio è meraviglioso ed è il più seguito al mondo perché è popolare. Costa pochissimo, merito dei nostri dirigenti che sono di cuore e appassionati. Bene, con la legge Spadafora, un politico che non ha mai frequentato il nostro mondo e che per questo sa poco o nulla di come funziona il pallone, non sarà più così. Torno a me, intanto con lo svincolo immediato, che significa che io potrò decidere all’inizio di ogni stagione dove andare, l’Olginatese non arriverà mai più da Cornago e l’Aurora San Francesco sarà senza il becco di un quattrino nonostante abbia investito su di me anni e anni coccolandomi. Dovrà chiedere dai mille ai millecinquecento euro a famiglia perché i talenti non potrà venderli più, quelli bravi saranno prelevati dalle big a costo zero, con una telefonatina alla famigghia. Poi i Cornago non ci saranno manco più, e nella Bergamasca io in questo ventennio ne ho conosciuti più di mille, perché il volontariato sarà eliminato, per chiunque un contratto di lavoro cococo, che significa casini con l’altra occupazione che si ha, quella della vita, le quaranta ore settimanali e la richiesta al proprio capo del permesso di seguire dei ragazzini se si è un mister, addirittura per giocare se si ha un minimo di rimborso per il punto a partita. Con le varie tasse da pagare… In ultimo, la cosa più importante, ossia i miei compagni, i miei amici, chi sarà a giocare con me la prossima stagione se al proprio club non ci si lega mai, ma basta che arrivi il furbone di turno a promettermi l’impossibile per farmi cambiare club?
Pensateci e lunedì prendete il nostro giornale, in edicola o nella nuova edicola digitale, per sapere cosa ne pensano sulla nuova legge Gianlauro Bellani, consigliere regionale della Lnd lombarda, Filippo Cutrona, presidente dello Zingonia Verdellino, Franco Forliano, direttore generale della Cisanese, e Roberto Monaci, ds del Villa Valle, quattro persone che sono nel pallone da una vita e che al nostro calcio tengono immensamente.
Matteo Bonfanti