“Clusone per me è il posto più bello del mondo, la nostra seconda casa, con servizi al top. Anziché un accordo di due anni l’avrei fatto di dieci. La coppa dalle grandi orecchie? Un sogno. E anche il motivo per cui qualche giocatore, se ha un’altra pretendente, alla fine ci sceglie”. Pillole di Antonio Percassi, la saggezza dell’imprenditore affermato con magione nel capoluogo sulle amene ribalte di Valverde ma col cuore ancora lassù, nel centro più importante della Valle Seriana, l’anima della sua indole d’origine di costruttore. Aver tirato su un’Atalanta da grandi traguardi e aver fatto del vecchio stadio il cantiere della programmazione futura non è stato uno scherzo. Quello, casomai, si cela dietro la foglia di fico del solito refrain, davanti al quale è impossibile non farsi scappare una sonora risata: “Mi raccomando, scrivetelo. L’obiettivo resta sempre la salvezza”. Poi, però, presentando il ritiro a casa sua, il discorso si fa serio: “Luis Muriel è stato un colpo eccezionale, poco dopo metà giugno s’è liberato dall’opzione della Fiorentina e ho mandato mio figlio Luca a chiudere subito l’affare. Ma confermare il prestito di Mario Pasalic non è stato da meno: rischiavamo di perderlo. Lui ha scelto noi. Come gli altri, a partire dai migliori, che restano”. Eccolo, l’orgoglio di chi, come la squadra affidata a Gian Piero Gasperini, può dire di avercela fatta.
Il presidente-proprietario spazia dall’alfa all’omega. Anche perché l’amministratore delegato, cui lui ha affidato la gestione e la supervisione, sabato mattina nel cuore pulsante del calcio baradello non c’era: “Lui e Giovanni Sartori sapranno completare l’organico con le scelte giuste, senza fretta di correre dietro ai mille nomi che escono sui giornali. Quanto a Mancini, so che è molto ricercato: vorrei che rimanesse anche lui, ma se l’offerta fosse irrinunciabile verrebbe sostituito da un elemento all’altezza”, la precisazione multipla che gela la solita ridda di ipotesi di carta stampata e televisioni. Dal richiamo della foresta, pardon del paese natale, alla Champions League, da affrontare con lo stupore e la voglia di apprendere dello scolaretto appena apertosi al mondo. Dal ritiro (“Vi sfido a trovare impianti del genere in montagna, qui manca solo l’albergo: daremo tutto il nostro supporto all’amministrazione comunale, che ringraziamo e applaudiamo”) e dagli eventi collegati fino al mercato, sempre con la sottolineatura della nuova dimensione della regina delle provinciali: “Ormai in sede europea non abbiamo nemmeno più bisogno di presentarci, perché tutti sanno chi siamo, da dove veniamo, quali risultati abbiamo ottenuto e come. Con club di primo piano come Paris Saint-Germain e Chelsea, dove Luca mise piede da giocatore, abbiamo ottimi rapporti”. La nota dolente, anche se di ammissioni definitive nemmeno l’ombra, pur sforzandosi di scavare tra le righe e guardare in controluce ogni singola frasetta, è lo stadio: “Per noi la Champions è come andare a scuola, anche perché i delegati Uefa durante il loro sopralluogo di mercoledì e giovedì scorsi ci hanno letteralmente insegnato cosa ci vuole per giocarcela a casa nostra e soprattutto cosa significhi farne parte”. Il riferimento è alle sette pagine di prescrizioni per la messa a norma dell’impianto, un Gewiss Stadium pronto con tutte e tre le tranche solo dal 2021 ma costretto a fare le corse da subito per non dover ancora vivere le nottate magiche al Mapei Stadium di Reggio Emilia: “Io ho addolcito la pillola cenando coi commissari, la decisione la comunicheremo presto. Ogni partita da ospitare è una macchina da guerra con un’organizzazione che è davvero di un altro mondo: tifosi, giornalisti, sicurezza. Ci proviamo, è difficile”. Questione rimandata, o meglio demandata alle mani sapienti e alla capacità di calcolo del direttore operativo-coordinatore unico dei lavori Roberto Spagnolo. In attesa di conoscere la verità sulla fattibilità delle due torri da 35 metri dietro il tabellone (ai fianchi) per l’illuminazione retroporta in Curva Sud, e anche sulle postazioni richieste per le tv in tribuna centrale (32, con spazi per 3 commentatori ciascuna, contro le 3 della Lega di Serie A), in ballo c’è anche altro: “Lo sviluppo delle strutture riguarda anche il Centro Sportivo Bortolotti di Zingonia, dove tra le altre cose c’è da ultimare il plesso riservato al settore giovanile. Puntiamo a inaugurarlo il prima possibile, ma vogliamo fare le cose bene”. Le operazioni estive, a margine della ricostruzione in grande stile della Curva Nord, sono al centro del dialogo coi cronisti: “Ci sono ancora due mesi di tempo e, oltre alle certezze di Muriel e Pasalic, l’unica finora è che coi portieri siamo a posto perché Marco Sportiello è tornato”. C’è anche modo e tempo per un simpatico siparietto all’insegna del confronto tra colombiani. Non Duvan e Muriel, ma quest’ultimo, detto El Ronaldito e anche El Baby Valenciano, col Valenciano originale, Ivan René, conosciuto come presidente al primo atto, negli anni novanta (stagione 1992-1992, Marcello Lippi in panchina): “La differenza si nota dai dettagli e dal primo impatto. Ivan appena varcato il cancello di Zingonia chiese due birre, Luis una bottiglietta d’acqua naturale…”. Grande Cicciobello, bomberissimo verace in patria e finto in Italia, con famiglia numerosissima a intruppargli la casa in affitto a Colognola. Sperando che Muriel continui a fare il Muriel, s’intende.
Simone Fornoni