di Giacomo Mayer
Al regista Ingmar Bergmann piaceva quella coppietta che furoreggiava al club teatrale dell’università di Stoccolma ma nessuno dei due sembrava intenzionato ad intraprendere la dorata carriera d’attore. Lui, Hans Jeppson, chiamato Hasse Guldfot (Hasse piede d’oro), famoso attaccante del Djurgardens e della nazionale svedese, era destinato a lasciare un segno nel calcio internazionale che conta, Inghilterra e Italia, lei, Astrid Selmonsson, vedeva davanti a sé spalancante le porte del jetset come promettente modella nei pretaporter di Parigi, Milano e New York. Recitare era un passatempo, un divertissment delle gioventù dorata di Stoccolma. Eppure il giovane ma già affermato regista era intenzionato a proporre ruoli di protagonisti nel film che stava realizzando “Sommarlek” (Un’estate d’amore in Italia), la storia di una ballerina dell’Opera di Stoccolma che rievoca tredici anni dopo un’estate felice al mare insieme ad uno studente che poi muore tragicamente.
GULDFOT, PIEDE D’ORO –  Jeppson, che vestiva la maglia bluceleste del Djurgarden, tra gli allenamenti, le partite di campionato, qualche esame universitario, aveva poco tempo per il teatro (e il cinema). Non solo ma da qualche giorno continuavano a venire agli allenamenti due italiani, il primo dirigente della squadra italiana Atalanta e il capo della Fiat svedese, che fungeva da consulente ed interprete. Conosceva qualcosa di Bergamo attraverso i racconti dei fratelli Nordhal e sapeva anche che era la patria natia di Gaetano Donizetti, uno dei grandi compositori della lirica. Una città di provincia alla periferia di Milano ma già ricca ed economicamente solida. Così come la società Atalanta presieduta da un industriale, poi senatore della repubblica Italiana, e con un consiglio direttivo composto da gente danarosa ma poco incline ad aprire il portafoglio per far follie per un giocatore di calcio. Ma questo Hasse piede d’oro l’avrebbe scoperto poi. Intanto a Stoccolma girava la voce che lui ed Astrid avessero accettato la proposta del regista tant’è che un paio di studentesse invidiose giuravano e spergiuravano di aver visto i due partire insieme su un’auto per recarsi sul set del film.
BERGAMO-ZURIGO-STOCCOLMA – Bergamo-Zurigo in auto poi Tentorio in volo per Stoccolma e Clemente Mayer, che aveva una fifa matta di volare, ad aspettarlo in Svizzera. I due dirigenti atalantini, dopo l’esperienza negativa in Germania con i fratelli Walter e con Morlock erano più che mai decisi a regalare la maglia nerazzurra numero nove, tristemente orfana di un bomber vero, a Jeppson che, tra i mondiali in Brasile, il campionato svedese e la recente esperienza col Charlton Athletic, era diventato un nome del firmamento calcistico europeo e intorno a lui ronzavano parecchi club italiani come Roma, Napoli e Juventus. E poi gli appassionati del calcio lo conoscevano già. La fallimentare avventura degli azzurri ai mondiali del 1950 era appunto cominciata con una sconfitta (3-2) contro la Svezia e il principale protagonista di quella debacle era stato proprio Hasse piede d’oro con due gol sui tre degli svedesi. Per Tentonio e Mayer una sfida improba ma soprattutto l’ingegnere era un uomo tenace, sicuro di sé e deciso ad andare fino in fondo a questa storia. Tentorio alloggiava a Villa Kallhagen, sull’isola di Djurgarden, per seguire da vicino gli allenamenti del centravanti. Tentorio, con l’aiuto di Bonelli, il dirigente della Fiat in Svezia, prende appuntamento col presidente del Djurgarden, Magnus Lundqvist. I nerazzurri chiedono anche la presenza del giocatore. Ma quando il dirigente atalantino e il suo interprete arrivano a Klocktornet, sede del club bluceleste, l’amara sorpresa: Jeppson non c’è perché sta giocando la finale del torneo di tennis di Kungsbacka.
APPUNTAMENTO AL TENNIS CLUB RASUNDA – Sì, Hasse non solo è un centravanti guldfot, non solo è un brillante attore, è anche un valente tennista, è nel giro della nazionale svedese di tennis. Tentorio resta di sasso ma bisogna rassegnarsi, allora il presidente Lundqvist lo invita ad assistere, il sabato pomeriggio allo stadio Rasunda, alla partita di campionato Djurgarden-Gais Goteborg: sfida tra due attaccanti di qualità, Hasse Jeppson da una parte e il promettente Karl Alfred Jacobsson dall’altra, promettendogli un colloquio col suo centravanti. In tribuna Tentorio è seduto accanto a Lonqvist che gli confida la disponibilità di Jeppson di trasferirsi all’Atalanta ma lo mette in guardia:  «Hasse è innamorato dell’Italia ma vuole tanti dollari d’ingaggio».  Tentorio incassa e si prepara ad un incontro difficile. Al termine della partita Lunqvist accompagna il dirigente bergamasco negli spogliatoio ma Jeppson se ne è già andato, lasciando al massaggiatore il compito di avvisare Tentorio proponendogli un incontro il martedì successivo alle quindici al Tennis Club Rasunda, dietro lo stadio. L’ingegnere accetta senza dire una parola, ha scoperto dove abita Jeppson. Il martedì, di buon’ora, Tentorio e Bonelli si appostano davanti alla casa di Hasse e anticipando di dodici anni le scene di “Intrigo a Stoccolma”, film con Elke Sommer e Paul Newman, si mettono a pedinare il “giocatore, con una corsa automobilistica per le vie di Stoccolma, fino al Tennis Club Rasunda. Qui bloccano subito Jeppson che ha già la racchetta in mano ed è pronto per giocare. Stavolta Hasse non può scappare e promette a Tentorio che giocherà nell’Atalanta, firmando un contratto di 50mila dollari per due anni. Tentorio accetta e propone di rivedersi a Zurigo per siglare l’accordo definitivo. Sono trascorsi quindici giorni da quando il dirigente atalantino ha messo piede sull’isola di Djurgarden dove, oltre agli inseguimenti di Jeppson, ha potuto visitare lo Skansen e il Vasamusset.
50MILA DOLLARI –  Tentorio telefona subito al presidente Turani comunicandogli la cifra dell’ingaggio, il presidente quasi sviene. Appuntamento a Zurigo all’hotel Astoria: Mayer, Tentorio, un interprete e Jeppson. Durante la cena, menù rigorosamente italiano, si intraprende la trat tativa per la firma del contratto. Mayer e l’ingegnere sono affabili e illustrano ad Hasse l’accordo. Lo svedese è malmostoso, sembra addirittura incazzato e allunga sempre di più la lista delle richieste. 50mila dollari (32 milioni di lire) da depositare su una banca di Zurigo e un congruo anticipo, una villa sui colli di Città Alta, vestiti firmati dalla miglior sartoria di Bergamo, camicie del conte di Firenze con le iniziali HJ, e la linea da barba King George made in Paris. Il cavalier Clemente Mayer resta di sasso col bicchierino di Armagnac in mano. Dalla rabbia si sbauscia il brandy sulla giacca e lascia di scatto la compagnia. L’ingegnere riesce però a riportare la calma e all’alba il contratto viene sottoscritto ma manca la firma del presidente Turani. Jeppson arriva Bergamo, ma il presidente, stavolta, mette in atto la tattica del mordi e fuggi praticata dallo svedese con Tentorio.
TURANI NON CI STA – E’ un prezzo esorbitante per le casse atalantine, sostiene il senatore, ma alla fine l’ingegnere e Mayer lo convincono. Si firma. Ma ecco il colpo di scena finale: Jeppson comunica che giocherà a partire del primo gennaio 1952 mentre pochi giorni prima aveva detto a Mayer che avrebbe vestito la maglia nerazzurra solo dopo la fine del campionato svedese all’inizio di novembre. Ma ormai il contratto è firmato, Turani, Mayer e Tentorio accettano loro malgrado. Anni dopo Gianni Brera scrivendo ad Aurelio Locati una sua testimonianza per “Cent’anni di sport a Bergamo” così commenta dopo aver descritto la “Mirabellissima Bergamo!”:  «Rimangono i foresti, Aurelio: e io ho in mente Jeppson, festoso centravanti di scatto e sfondamento, uno dei pochissimi svedesi che abbiano pedatato portando il berretto da studente. Lo accapparrò il mio amico Pieri Odorico, abitante in Copenaghen al numero 7 di Vallovej; seppe far fruttare i suoi spiccioli, perché Jeppson era padrone di se stesso e poteva emigrare a piacimento. Per averlo a Napoli pagarono 105 milioni. Che fece scandalo al mondo». Il 18 ottobre 1951 Hasse Jeppson arriva a Bergamo. In via XX Settembre, sopra il negozio di abbigliamento di Renato Leidi, consigliere nerazzurro, c’è la sede dell’Atalanta.
GLI SGUARDI DELL RAGAZZE – Davanti alla porta staziona un folto ed inconsueto gruppo di giovanotti e ragazze. Tutti guardano con insistenza il balcone sopra il negozio: i finestroni si aprono e s’affaccia un giovanotto alto, slanciato, biondo, bello, fisico da modello, sguardo assassino da playboy. È Hasse Jeppson. Di sotto le ragazze se lo mangiano con gli sguardi. La domenica dopo esordisce in Atalanta-Como, finisce 1-0 con il gol vincente dello svedese. Segnerà 22 reti in ventisette partite. Hasse Gulfot ha mantenuto le promesse. Non è ancora terminato il campionato che Turani, Mayer e Tentorio fiutano l’affare del secolo perché l’Inter ma soprattutto il Napoli lo vogliono. Il comandante Achille Lauro, monarchico, fascista, democristiano, sindaco e presidente del Napoli ha deciso di tesserarlo costi quel che costi. Manda a Bergamo Eraldo Monzeglio, ex giocatore ed ex allenatore, famoso per essere stato il partner del duce nelle partite di tennis a villa Torlonia, per trattare. Al Moderno s’incontra con i dirigenti atalantini e il giocatore. La trattativa ha inizio. Ma questa è un’altra storia finita benissimo per le casse sociali dell’Atalanta.

Nella foto tratta da Cent’anni di Atalanta di Corbani e Serina: Jeppson (al centro) con Sorensen e Hansen