di Giacomo Mayer
Domenica 2 giugno: Bergamo è in trepidazione perché dal Vaticano arrivano minuto dopo minuto notizie poco confortanti: Giovanni XXIII sta morendo. Nelle chiese della città e della provincia i parrocci hanno organizzato veglie di preghiera, a Roma Piazza San Pietro è gremita di fedeli. Le televisioni di tutto il mondo hanno piazzato cineprese ed inviati, c’è perfino la tv di stato dell’Unione Sovietica. Mai prima d’ora il mondo intero, cattolico e non, ateo o credente, si interessa alla fine terrena di un Papa.
UNA DOMENICA SPECIALE – Per la Bergamo calcistica è una domenica speciale. A San Siro si gioca la finale della Coppa Italia: Atalanta contro Torino. Tra i tifosi spira una certa aria di euforia anche se il pronostico è avverso, eppure, in campionato, Torino e Atalanta hanno chiuso alla pari. Si spera, si sogna. La gioventù dorata del Balzer e del Nazionale, i tifosi che si radunano al bar Anselmo, ma anche il popolo dei paesi, si preparano ad invadere Milano. Parecchi sono i pullman prenotanti ma anche le comitive in vari gruppi di automobili. Insomma c’è un’attesa spasmodica. I due giornali cittadini “caricano” l’evento. Domenica 26 maggio l’Atalanta ha concluso il campionato battendo il Napoli e condannandolo alla serie B. Per evitare rischi e distrazione “la dolce vita” ha invaso anche le città di provincia, Tentorio decide di spedire la squadra in ritiro a Sarnico. La “commissione interna”, capeggiata da Umberto Colombo cerca di convincere l’ingegnere a ridurre a tre i giorni del ritiro. “Non se ne parla nemmeno” risponde sgarbato e in dialetto Tentorio. I giocatori ne prendono atto e si consolano con un aperitivo al Moka Efti, il bar di piazza Vittorio Veneto, sottostante la sede dell’Atalanta.
I DUBBI DI TABANELLI –  Il segretario Terzi vigilia perché nessun giocatore si allontani con l’automobile, è proibito usare auto o moto durante la settimana. Intanto si parte per Sarnico, l’allenatore Tabanelli, persona tranquilla, spiega ai giocatori il programma della settimana e li invita a concentrarsi perché l’appuntamento di San Siro è importante per tutti quanti. C’è la questione dei tacchetti degli scarpini: di ferro o di gomma? Due burloni come Magistellli e Nova avvicinano Zaccaria Cometti che ha un difettuccio: quando c’è brutto tempo, zagaglia. Il portierone di Romano non sta allo scherzo e manda a quel paese i due compagni che, al volo, capiscono che domenica 2 giugno a San Siro non pioverà. Un problema risolto. I cronisti sportivi dei due quotidiani cittadini che sono a Sarnico a seguire il ritiro descrivono di un gruppo compatto e sereno.
SI DISCUTE DI TATTICA – I giocatori si allenano intensamente sotto gli occhi di Tabanelli. Luciano Magistrelli e Flavio Roncoli, che non giocherà la finale perché è squalificato, dopo una seduta discutono animatamente di tattica: attacco spregiudicato o ci vuole un’ala di copertura, il tornante? I cronisti assistono allibiti a questo dibattito. Di solito i calciatori discutono di morose, vestiti e auto ma mai di tattiche. Tabanelli ha un problema di formazione non indifferente: Dino Da Costa, il giocatore di maggior classe, brasiliano da piedi d’oro, salutista ante litteram, è infortunato e quindi bisogna sostituirlo. Ma con chi? La vigilia della partita è dedicata al trasferimento a Milano, Hotel Brunn, nelle vicinanze di San Siro. Durante il pranzo prima delle finale, i giocatori assistono a una vivace discussione tra Tabanelli e Tentorio. Non è la prima ma la squadra non sa che sarà l’ultima perché, dopo il successo finale, l’allenatore verrà sostituto da Quario.
MAGISTRELLI RIGORISTA – Negli spogliatoi Tabanelli annuncia la formazione: Pizzaballa, Pesenti, Nodari, Veneri, Gardoni, Colombo, Domenghini, Nielsen, Calvanese, Mereghetti e Magistrelli. Il mister, dunque, ha scelto il giovane cremasco Veneri in mediana e Nielsen più avanti, a fare gol devono pensarci Magistrelli e Calvanese e la giovane e promettente ala destra Angelo Domengini. In caso di calci di rigore verranno tirato da Magistrelli o da Mereghetti, scelta all’ultimo momento. A quei tempi i cinque rigori venivano calciati da un solo calciatore e Tabanelli si ricorda quello che era successo a Modena quando, dopo una partita di Coppa Italia finita in parità, erano stati calciati i rigori, l’arbitro aveva sbagliato a conteggiarli e quindi si doveva tirarne un altro, l’ultimo e decisivo, ma i giocaotri erano già sotto la doccia. Venne richimato Mereghetti che rifiutò e allora venne spedito in campo Magistrelli, in mutande e con una sola scarpa al piede, e pure quella sbagliata. Magia tirò e segnò. Arriva l’ora di scendere in campo. Quando gli atalantini escono dal tunnel di San Siro si sente solo un boato “Toro, Toro”.
UNA PROPOSTA INDECENTE –  L’arbitro Sbardella si intrattiene con i due capitani, Gardoni e Bearzot, intanto “Pantera” Danova, ex milanista, saluta Luciano Magistrelli, ex milanista. “Quale è il vostro premio?”: chiede l’attaccante granata. “Duecento mila”: risponde l’atalantino. “A noi, invece, un milione, perciò lasciateci vincere e ti darò qualcosa”: aggiunge con improntitudine il Pantera, che qualche anno dopo vestirà la maglia atalantina. “Stai calmo – risponde Magia – oggi vi stracciamo”. Passano quattro minuti e l’Atalanta va in vantaggio con Angelo Domenghini. I nerazzurri controllano agevolmente anche se Bearzot domina a centrocampo e, in attacco Hitichens, futuro atalantino, e Peirò sono sempre in agguato. All’inizio del secondo tempo Magistrelli sfrutta un passaggio di Nielsen e, dalla sinistra, entra in area e salta anche il portiere Vieri, arriva come un falco Domenghini che ruba il pallone a Magistrelli e ribadisce in rete. Domingo corre ad abbracciare Magistrelli: “Scusa Luciano se ti ho fregato il gol”. Ma il 2-0 è troppo importante per stare a disquisire sulla paternità. San Siro cambia colore: nella tavolozza dello stadio il granata si affievolisce mentre cresce il nerazzurro. Arriva la terza rete siglata dal Domingo, il Toro si consola accorciando le distanze con il gol di Ferrini. Ma la Coppa Italia prende la strada per Bergamo. Sbardella fischia la fine e San Siro è finalmente un tripudio di bandiere nerazzurre. “Se fino al 2-0 notavo poche bandiere nerazzurre, poi i nostri tifosi hanno preso il sopravvento. San Siro, dopo il fischio finale, era un tripudio nerazzurro”: ha ricordato uno dei protagonisti, Luciano Magistrelli.
GARDONI CON LA COPPA – Con la Coppa Italia tra le mani Gardoni e i suoi compagni fanno il giro dello stadio, anche i granata applaudono. I giocatori si complimentano a vicenda. “Eravamo un bel gruppo – ha ricordato ancora Magistrelli – unito e solidale. Amici anche fuori. Ad esempio Nova ed io eravamo rivali perché di solito uno giocava e l’altro andava in panchina, ma fuori dal campo eravamo amicissimi. Facevamo gruppo e quando ci trovavamo insieme trascinavamo gli altri al Bar Amadeo in viale Roma e in quelle occasioni Nielsen mostrava a tutti come un nordico si gusta la birra». Di solito erano quattro o cinque boccali senza lasciar traccia mentre gli altri atalantini dopo il primo erano già brilli. Uno solo era un po’ snob: Umberto Colombo che frequentava il Balzer. Tutti questi appuntamenti e incontri venivato “spiati” da occhi attenti della società.
LA DOLCE VITA – La ritirata dei giocatori era rigorosamente fissata per le ventuno e trenta, nell’appartamento di via Camozzi, dove allogiavano i single squillava immediatamente il telefono. Tentorio voleva notizie di tutti e guai a chi sgarrava. Humberto Maschio aveva una relazione con una telefonista della Stipe. La bella signorina staccava dopo le undici di sera e quindi gli incontri erano praticamente impossobili. Maschio escogitò un micidiale stratagemma: si faceva trovare in casa all’ora del coprifuoco e rispondeva sempre puntuale alla telefonata, poi usciva con la bella fidanzata verso mezzanotte. Ma venne scoperto, eppure lo “scandalo” venne messo sotto silenzio, Maschio era un giocatore troppo importante e anche l’ingegnere fu costretto a mandar giù l’amaro boccone. Per lui non rispettare le regole era un delitto.
MUORE PAPA GIOVANNI – Da viale Certosa al casello di Bergamo è un carosello senza fine. Sul Sentierone è festa, Bergamo vive una serata di giubilo. Nelle redazioni sportive dei due quotidiani cittadini si lavora incessantemente. Al Giornale del Popolo Aurelio Locati sta preparando pagine speciali, anche l’Eco di Bergamo è pronto ad esaltare il trionfo atalantino ma nel corridoio principale il direttore, monsignor Spada, passeggia nervosamente mentre legge il breviario: ad ogni squillo di telefono si precipita nel suo studio in fondo alla redazione. E’ una fitta al cuore perché sa che Papa Giovanni sta morendo. Lunedi 3 giugno il trapasso.