Atalanta – Lazio 3-2 (2-2)
ATALANTA (3-4-2-1): Gollini; Djimsiti, Romero, Palomino; Maehle (43′ st Caldara), Pessina, Freuler, Gosens; Miranchuk (14′ st De Roon), Malinovskyi (14′ st D. Zapata); Muriel (18′ st Toloi). A disp.: 31 Rossi, 57 Sportiello, 4 Sutalo, 42 Scalvini, 40 Ruggeri, 44 Gyabuaa, 72 Ilicic, 7 Lammers. All.: Gian Piero Gasperini.
LAZIO (3-5-2): Reina 6; Patric 6 (1′ st Parolo 6), Hoedt 4,5 (26′ st Immobile 5), Acerbi 7; Marusic 5,5, Akpa Akpro 6, Escalante 6 (17′ st Correa 5,5), Milinkovic-Savic 6,5, Fares 5,5 (1′ st Lazzari 6); Muriqi 6, A. Pereira 5 (36′ st Lulic sv). A disp.: 71 Alia, 81 G. Pereira, 13 Armini, 26 Radu, 93 Vavro, 32 Cataldi, 53 Czyz. All.: Simone Inzaghi 6.
Arbitro: Pairetto di Nichelino 6 (Tegoni di Milano, Fiorito di Salerno; IV Manganiello di Pinerolo. V.A.R. Di Paolo di Avezzano, A.V.A.R. Lo Cicero di Brescia).
RETI: 7′ pt Djimsiti (A), 17′ pt Muriqi (L), 34′ pt Acerbi (L), 37 pt’ Malinovskyi (A), 12′ st Miranchuk (A).
Note: Reina para un rigore a D. Zapata al 22′ st. Ammoniti Romero, Malinovskyi, Patric, Fares ed Escalante per gioco scorretto. Espulso Palomino all’8′ st per fallo su chiara occasione da gol. Tiri totali 12-10, nello specchio 8-4, respinti 3-1, parati 5-2. Corner 7-3, recupero 1′ e 4′.

Bergamo – Lo Zar Miranchuk mette la freccia decisiva, Gollini salva il possibile pari sul tris e si va in semifinale contro la vincente di Napoli-Spezia. Ma contro la Lazio è stata un’impresa, in inferiorità numerica per 41 minuti. Squadre dall’impianto offensivo più difese formato statuine del Presepe non ancora disfatto a tiro dei giorni della Merla, uguale follie, spettacolo, tensione e ansia da finale, più che da quarto di Coppa Italia. La rivincita dell’ultimo atto del trofeo edizione 2019 si risolve in una sfida a inseguimento, complicata per l’Atalanta dal rosso a Palomino dopo 53 minuti e pure dal penalty del poker sporco ciccato da Zapata.
Gli ospiti, in divisa verde fluo, non fanno nemmeno in tempo a prendere le misure che Djimsiti ha già affondato la zampata, verso il settebello sul quadrante. Sulla mega mischia scatenata dal primo angolo di Malinovskyi dalla destra con prolungamento di testa di Muriel sul muro difensivo, il destro di Palomino, suggerito all’indietro forse involontariamente dal nazionale albanese e respinto corto da Reina, e l’assist involontario di Muriqui per il battistrada davanti all’area piccola da posizione centrale. Il raddoppio rimane in canna a Gosens, anticipato da Acerbi sull’incursione di Miranchuk contrastata da Hoedt, e al colombiano, giratosi al decimo senza angolare appena da dentro l’area sul la dell’ucraino, tornato per un attimo l’ingegnere a pelo d’erba che sa essere. Se il primo tiro altrui piove dal nulla entro il poker di lancetta con Fares ad aprire per il piattone in corsa di Marusic non incrociato e dritto sul tabellone, a complicarla ci pensa il ragazzo in guanti, che al minuto 17 della sfiga accenna appena all’uscita sulla telefonata dall’out di Acerbi, pescato a mancina da Milinkovic-Savic, lasciando al centravanti kosovaro la chance di saltare più alto del tucumano nerazzurro, a sua volta in ritardo: palombella nell’angolo a mezz’altezza e tutto da rifare. Al 26′, sugli sviluppi della terza parabola dalla bandierina, lo scavino di Muriel innesca il gioco delle torri Miranchuk-Romero senza che il colpo di frusta del perno possa essere impresso con la potenza necessaria, mentre di là l’esterno sinistro sbilanciato da Maehle (su cui ha già speso il giallo) incoccia malissimo il traversone di Patric. L’uomo tra i legni di lì a poco deve ringraziare Pessina che perde l’attrezzo e la strana coppia del russo con l’argentino tutto sinistro, che al 35′ consentono allo slalomista Acerbi di mettere la freccia chiamando l’uomo in arancione evidenziatore a un riflesso di nuovo tutt’altro che sollecito. Per fortuna Malinovskyi non spreca la pallonessa radente di Muriel dal fondo spingendo il rimorchio nell’angolino come il più sartoriale dei chirurghi, con leggera deviazione di Patric nel tentativo di chiudergli lo specchio.
Da evidenziare il lancio lungo di Djimsiti, come l’erroraccio del Cuti che a un giretto dalla pausa alza il piatto sinistro sull’angolo del Ronaldito corretto dalla spizzata del primo impattatore della serata, un disastro quando si mette a fare il mastino da situazione inattiva. Il fuoco di fila nella ripresa s’avvia con la zuccata molliccia dell’ex Lokomotiv Mosca su ammollo di Malinovskyi (5′), seguita purtroppo dalla doccia anticipata dell’antieroe di giornata per aver trattenuto Lazzari, servito in linea dal gigante del centrocampo con la stessa maglia. Niente panico, c’è Romero che borseggia Hoedt e serve a Liosha il rigore in movimento del nuovo sorpasso, solo sporcato dalle braccia di Reina. All’alba del ventesimo la pazzia del potenziale sigillo è ancora del centrale olandese, che arpiona la caviglia della new entry Zapata praticamente a campo finito sullo scambio con Pessina: peccato che alla rincorsa vagamente zigzagante alla Zaza faccia seguito una loffia centrale che il guantato spagnolo non ha difficoltà a bloccare. Giusto per regalare ansia e suspense a pacchi invece di imbustare la pratica. Hoedt e Akpa Akpro si oppongono col corpo a Gosens-De Roon sull’azione del Toro di Cali (24′) rifinita dal brianzolo, tutt’altra efficacia tra le linee. Occhio a Sergej che di seconda, sul cross a rientrare di Marusic, imbecca spalle alla porta Muriqui (27′), che cerca di battezzare l’angolino trovando un Gollo reattivo che blocca a terra. Alla mezzora, virato Inzaghino al rombo con Immobile (verso il gong, con Lulic, è 4-4-2), il laterale destro vola sul filtrante di Akpa Akpro a strada già sbarrata da Gosens, prezioso nelle chiusure al pari di De Roon nell’assedio dell’ultimo spicchio. Il miracolo lo fa il portiere-rapper (44′) sulla svettata di Acerbi a correzione della punizione dal centrodestra della mezzala serba dei capitolini, con Muriqi a sparare alle stelle in caduta e Lazzari a sparare la botta dritta poco più tardi sulla solita azione da quinto a quinto. Zapata si conquista il corner da un contropiede aperto dalla testata in alleggerimento di De Roon tirando da trenta metri. Si può esultare, come la Dea targata Emiliano Mondonico, che scollinò oltre i quarti ai danni dell’Aquila di Beppe Materazzi fra 4 e 25 gennaio 1989: 2-0 a Bergamo (Serioli e Nicolini), ko per 3-2 là (doppietta di Mindo Madonna).
Simone Fornoni