REMUZZIdi Marco Bonfanti
Al 10’ del secondo tempo della partita Pontisola-Lecco, Gianluca Remuzzi (classe 96) fa un lungo e preciso (direi millimetrico) lancio ad Adriano Ferreira Pinto (classe 79), il quale lo riceve, si aggiusta la palla, fiuta l’avversario e fa partire un grande tiro, talmente grande che sorvola lo specchio della porta e finisce, volando, nel prato antistante. Peccato. Se ci fosse stato quel gol, eccone sarebbe uscita una perfetta cornice per il figurone che avevamo in mente di fare, condividendo, per questa volta, la rubrica e dedicandola non ad uno ma a due giocatori, per l’appunto il Remuzzi ed il Ferreira Pinto. Condivisione che nasce, innanzitutto, dalle date di nascita, e quindi da questo connubio tra chi si affaccia al mondo del calcio, con buon propositi e fondate speranze, e chi invece ne traccia gli ultimi percorsi, dopo aver acceso fuochi permanenti in tanti posti.
E se alla coppia di per sé ritorneremo, cominciamo dal prendere in esame i due singolarmente, iniziando, anche per rispetto dell’età, da Adriano Ferreira Pinto, giunto al Pontisola dopo un felice peregrinare in diverse società di rango, Atalanta su tutte.
Vedendo domenica il Ferreira Pinto ci siamo riconciliati con due idee che in un altro figurone avevamo trovato assai traballanti: la brasilianità e la felinità. Sì perché l’Adriano, brasiliano nello spirito e nel corpo lo è davvero, si muove con quelle cadenze da ballo millenario, con quella fantasia da mondo possibile e con quell’allegria da girone di festa. Insomma un brasiliano vero: concreto sì ma con la creatività di chi ancora esplora il mondo e ne assaggia i frutti, proibiti o no che siano. E se l’altro brasiliano, quello veronese un po’ sovrappeso, l’avevamo paragonato ad un gatto di marmo, Ferreira Pinto ci dà invece l’idea di una tigre ancora viva, certo con il passo del tempo che trascorre, ma con la movenza di chi è pronto a colpire e a lasciare il segno (non per niente è suo il gol che apre le marcature).
E tutto questo per quanto si è visto in campo, che comunque non è l’unico e forse neanche il principale motivo che ci fa amare questo giocatore. L’amore nasce ancor più dal fatto che Ferreira Pinto venga da una vita di stenti, e abbia dovuto sottoporsi ai più duri lavori prima di diventare calciatore. Pur che noi gli stenti li abbiamo visti da lontano, le persone così ci piacciono d’istinto, forse per il lontano ricorso di quando i proletari di tutto il mondo dovevano unirsi e cambiare, con la forza della privazione, la storia.
Poi il Ferreira Pinto, altro punto d’ammirazione, ha pure scritto un libro, quindi alle parole ci crede, e questo ci accomuna, noi che con le parole ci giochiamo e ci navighiamo.
Insomma pur se è un calciatore al tramonto, ecco è uno di quei bei tramonti con un sole pieno, che ancora getta luce e calore, che rende rossa la sera e ancora piena di promesse nuove.
Lui al tramonto e l’altro, Remuzzi Gianluca, all’alba. E anche qui è un’alba piena, di quelle che il sole, che fa capolino, già getta i suoi raggi sul mondo, e tutto rischiara e si sente nell’aria che il giorno nascente avrà nella mano un pieno di novità.
Poi, uscendo forse finalmente da metafora, Remuzzi, tornando come si deve al campo, si muove con un’inaspettata maturità, è sempre al centro delle trame offensive della propria squadra, sa muoversi di fioretto e di spada, cioè di dribbling secco e di lancio preciso. A vederlo come l’abbiamo visto domenica ci giuriamo che si farà, perché la personalità non gli difetta proprio ed i suoi anni leggeri sono messi a disposizione di una profondità che sembra venire da lontano, da quel pianeta dove si forgiano se non i futuri campioni, di certo i professionisti seri e preziosi.
Eccoli qui, allora, l’uno e l’altro. Vedendoli domenica ci veniva in mente quella canzone che dice “il vecchio e il bambino si presero per mano e andarono insieme incontro alla vita” e lo diciamo certi di non mancare di rispetto a nessuno,  perché il vecchio e il bambino li intendiamo qui calcisticamente parlando.
Ferreira Pinto ha una grande eredità da lasciare in dono a chi verrà dopo di lui. Remuzzi mi sembra proprio pronto a raccoglierla, coi suoi arruffati capelli in cerca del colpo perforante e giusto.
Che così dovrebbe andare il calcio e il mondo bello, far crescere e trasmettere la pienezza della vita, affinché qualcuno la raccolga e la porti ancora più avanti. In gol, magari.

FOTO ALEX