bg16fo3di Matteo Bonfanti
Cinquant’anni vissuti col sorriso sulle labbra e nella convinzione che il meglio debba ancora venire. Serse Pedretti, o, se preferite Sersao Rovesciatao, Serge, Zerzen, Alcaselzer, Seppia, Asabeso, Sersone, Seltz, Sersinho, lo Scet del Bresa, compie gli anni aprendoci due cassetti: quello grande legato ai suoi ricordi e quello più piccolo e intimo, dei sogni e dei desideri. Tra le righe sempre o quasi la sua Onis, l’azienda che veste gran parte delle squadre del nostro calcio provinciale, e il suo grande amore, Monica Cereda, la Ghesty. E poi tantissimo pallone: l’Atalanta di cui è tifoso da sempre, le squadre della Serie A svizzera di cui è fornitore, i campioni come Garlini, Carrera, Doni o Gattuso che, negli anni, da semplici conoscenti sono diventati amici fraterni. L’impressione, quando si ha di fronte Sersao, è quella di parlare con uno spirito libero, dall’impressionante creatività, incapace di restare fermo anche solo per cinque minuti. A riprova la sua vita tra Spirano e la Svizzera, i migliaia di chilometri in macchina ogni settimana e i viaggi di lavoro dall’altra parte del mondo (l’ultimo in Cina) più o meno ogni due mesi.
Serse, partiamo dal tuo momento: la soddisfazione più grande. «Sono i dipendenti della Onis, venticinque persone divise tra la nostra sede di Spirano e quella in Svizzera. Sono tutti in gamba: lavorano bene, seriamente, anche divertendosi. Tra loro ci sono le Onis Angels, quattro splendide ragazze: mia moglie Monica, Marisa, Laura e Alice, colonne della nostra azienda con cui è bello confrontarsi e dare vita ai nostri progetti. Posso dire di essere un beato tra le donne anche se gli uomini della Onis sono altrettanto forti, citarli tutti è un casino ma due parole di stima per Dimitri Gamba gliele dedico col cuore. Questi ragazzi lavorano come se fossero i proprietari della Onis. Io non li stresso, controllo, delego e così siamo in controtendenza».
Serse e l’amore. «La famiglia è fondamentale, condividiamo lavoro e vacanze, siamo molto uniti. L’amore vero è la Ghesty che è la mia Monica, una dolcissima SS. Siamo entrambi dell’acquario, ma io sono quello un po’ in aria. Lei mi aiuta, controllandomi su tutto, anche economicamente, dandomi la mancetta settimanale, anche se poi mi ha consegnato una serie di carte di credito, eh eh… E’ una donna bellissima e un partner lavorativo incredibilmente efficiente, è lei la vera capa della Onis. Io sono la parte creativa, il fantasista, il casinista, quello che apre i mercati mentre lei è quella amministrativa e gestionale. Ci troviamo bene, formando un connubio che dura dal primo giorno che ci siamo conosciuti. Non lo sai ma siamo andati a convivere già dopo una settimana. Io la trovo affascinante, molto sexy, intelligente, che vuoi di più? Chiaro che ho attenzioni solo per lei, anche se poi non mi ricordo i compleanni, gli anniversari, San Valentino, la festa della donna. Ma Monica non ci fa più nemmeno caso, in effetti per noi ogni giorno è buono per mandarsi a cagare o per coccolarsi. Penso di essere un uomo fortunato, innamorato come i primi giorni, la mia Ghesty non potrei cambiarla con nessun’altra donna al mondo (anche perché non è una figurina). Sono un romantico, come te, l’Evro’o, il Gabbiaden e tutti quelli del BST».
Serse e il rettangolo di gioco. «Mi sarebbe piaciuto fare il giocatore professionista, ma il mio calcio è un po’ limitato: so fare la rovesciata volante, è un gesto tecnico che mi viene naturale, spesso però finisco per farmi male alla schiena, come nella sfida tra noi del Berghem Soccer Team e la Ropeca a Villa d’Almè. Ho il piede bonito ma sono una schiappa nell’interdizione. Da piccolo sono stato un bravissimo raccatapalle all’Albinese, quasi un professionista del ruolo. A riprova gli attestati di stima dei grandi calciatori di Albino, il mio paese natale. Parlo di fenomeni del calibro di Piero Lussana, Mario Paletò, il Genio e il Picio (Mario Astolfi, attuale allenatore del Ciserano, ndr)».
Serse e il calcio. Con relativa Top 11. «Il mio lavoro mi ha portato a conoscere tantissimi calciatori. E con molti di loro siamo diventati amici. E’ bello conoscerli dal punto di vista personale, rendendosi conto che sono ragazzi come tutti noi, con i loro problemi e i loro sogni. Poi c’è il Berghem Soccer Team, la mia squadra, un gruppo di amici (quasi quattrocento persone tra cui chi scrive, ndr)  che gira la provincia divertendosi. Lì il pallone è un pretesto per raccogliere fondi per chi sta male. Noi lo facciamo ridendo, facendo casino e spesso prendendo incredibili batoste calcistiche. Il mio personale top 11 arriva da lì, dal BST, dove ci sono Gabbiaden, Evro, Rudexxa, Bonfanten, Gigi Foppa, Mark Urbans, i due Genii, ma anche Ivan, Tissone, Doni, Zampagna, Gigi Del Neri, Gattuso, Caniggia, De Bellis, Garlini e Massimo Carrera. In porta Peter Barcella che manca a tutti, tanto. Qualcuno storcerà il naso nel leggere il nome di Cristiano Doni, ma nella mia Top 11 il capitano non può mancare…».
Serse e l’Atalanta.  «Amo la Dea da sempre. Sono stato militante dei WKA e delle BNA, sono tutt’ora un ultrà, non praticante ma solidale con la Curva Nord 1907. Appena nato, sul tavolo della cucina di mia nonna, ad Albino, ho sentito che i colori nerazzurri mi avrebbero reso strafelice, ma anche tristissimo. Perché l’Atalanta è così: una fede che non ti fa mai stare tranquillo. A riprova come devo vedere la partita, concentrandomi sulla squadra, restando sempre sul pezzo, spingendola alla vittoria utilizzando la telepatia per motivare i ragazzi in campo. Dell’Atalanta, che una volta era la Bergamasca Calcio, rimpiango la presidenza della famiglia Ruggeri: Ivan era un po’ burbero, ma dal cuore grande e sensibile, Alessandro un giovane che farà parlare di sé in positivo. La Dea di oggi? Non commento, preferisco i ricordi».
Serse e Dio.  «Intanto sto attraversando un periodo in cui mi sento immortale e mi sembra pure di somigliare a Christopher Lambert in Highlander (due gocce d’acqua, ndr). Devo preoccuparmene? Poi con la religione cattolica ho qualche piccolo problema. Pur essendo stato un ottimo chierichetto, anche qui col piglio del professionista, sia ad Albino che in Sant’Alessandro, ho saltato la cresima. Ho promesso di prendere il sacramento quando mi sono sposato in chiesa, ma poi mi sono dimenticato di farlo. Lo farò entro due anni quando si cresimerà mio nipote Leo».
Serse in viaggio. «Sono uno zingaro da sempre, fin da adolescente. Conoscere un posto lontano, la lingua, le persone mi è sempre piaciuto tantissimo. Da ragazzo ho fatto il lavapiatti a Vienna, poi il barista in Sardegna, ora lavoro  (tanto, ndr) in Svizzera. E poi viaggio: ho visto il Sudamerica, la Cina, l’Africa. Per lavoro ho visitato quaranta nazioni, per piacere altrettante. Ed è sempre affascinante, qualcosa che mi arricchisce e mi stimola. Oltre la metà della mia vita l’ho passata all’estero, in questo periodo vivo a Sion dal giovedì al sabato mentre sono a Zanica da domenica a mercoledì. A fine mese sarò a Istanbul per una notte e sarà la trentacinquesima volta che atterrerò all’Ataturk. E anche lì mi sembra di essere a casa».
Serse e la politica.  «Quando vedo come i nostri onorevoli hanno sperperato i soldi pubblici, penso che i ragazzi dovrebbero fare una rivoluzione. Oggi in Italia un giovane ha pochissime possibilità di emergere e penso che dipenda tanto da chi ha amministrato male il nostro Paese negli ultimi anni. Secondo me il problema in Italia è principalmente la classe politica attuale, nessuno escluso, sembra non si siano resi conto che non c’è più niente da rubare e che oramai siamo sul lastrico. Proporrei un partito unico, un solo leader come nelle aziende, senza opposizione. In meno di dieci anni sistemeremmo il nostro Paese, daremmo lustro a mare, laghi, montagne, città storiche e culturali. Metterei dazi maggiori a tutte le merci d’importazione escluse quelle che non siamo in grado di produrre. Perché se non creiamo occupazione, la nostra economia ha una breve durata. Per farla semplice potrei chiedere al governo il mandato per vendere l’Italia agli Svizzeri. Staremmo da dio».
Serse e il sogno nel cassetto. «Tra cinque anni aprirò un bed and breakfast ai tropici, penso sulle spiagge della Repubblica Dominicana, mi ci vedo a Las Terrenas con un bel sigaro in bocca, un catamarano, la Ghesty, i miei cani Aldo e Pinny. Non so ancora se mio figlio umano, Andrea, mi seguirà. Lì darò vita alla Onis Football School, completamente gratuita per i bambini del posto. Certo, prima di farlo inviterò i miei amici a seguirmi. Sarebbe bello scappare tutti insieme dall’Italia per andare a vivere al caldo e sul mare. Insomma una bella fuga di massa, formeremmo il Dominican Football Team».
Posso venire? «Certo. Si parte tutti insieme. Io, te, il Giggifoppa, il Gabbia, Evro, il Frizzi (e Serse parte con una lunga lista di altri cento amici, ndr).  Facciamo quattro-cinque cento pullman…».