Solo applausi all’Athletic Brighela, ragazzi che io conosco bene bene e con cui avrei giocato col numero otto se all’epoca dei miei dribbling ci fossero già stati. Perché con il loro striscione ci ricordano questa idea brillante che sta in fondo al calcio, restituendo a noi che lo guardiamo la sua meravigliosa essenza, l’incontro tra popoli, il loro avvicinarsi nella voglia di capirsi, la sua magia, in campo tutti diversi e tutti uguali, qualcosa che ogni volta porta lontano, basta vedere il fantastico Napoli di quest’anno, il Milan mercoledì sera contro il Tottenham, l’Atalanta dei quarti di finale di Champions. “Siam bergamaschi, non conosciamo confine”, cantano in curva al Gewiss. Del resto nel fubal non ci sono steccati, ma ruoli, il portiere, il difensore, il centrocampista e l’attaccante. E non ci si basa sul colore della pelle o sulla provenienza per giudicare la partita di un giocatore. “Un calciatore si vede dal coraggio, dall’altruismo e dalla fantasia”. E se uno finisce dentro al pallone, ma dentro dentro, amandolo, non vede più l’Italia, ma un mondo, di calciatori da salvare, di persone che non possono e non devono più morire in mare. 
Matteo Bonfanti