“Nel 2010, prendendo le redini della società, la famiglia Percassi aveva già programmato tutto, tranne ovviamente di poter andare in Champions League. Ma lo stadio di proprietà da rimettere a nuovo era nel programma. E aver portato l’Europa a Bergamo è merito loro”. Anche Roberto Spagnolo, direttore operativo dell’Atalanta e coordinatore unico dei lavori al Gewiss Stadium, è stato fra i protagonisti della serata “Atalanta: la città dei campioni” organizzato al Piccolo Teatro di Milano dalla Gazzetta dello Sport nell’ambito del Festival dello Sport.

SPAGNOLO: I PERCASSI E LA CHAMPIONS A BERGAMO. Il dirigente ha parlato di tempi stretti e speranze poi concretizzatesi: “Grazie ad Antonio e Luca si può giocare in casa a casa nostra. Abbiamo anticipato la soluzione di un anno rispetto alla fine dei lavori di ristrutturazione. Giocare le partite interne lontano da casa era faticoso per squadra e tifosi: dopo Reggio Emilia e Parma, avevo promesso che non avremmo mai più giocato fuori Bergamo le gare casalinghe. – ha rimarcato Spagnolo -. Nel cronoprogramma originario c’erano i lavori da maggio a settembre: il cantiere è stato aperto il 25 giugno. In due mesi e mezzo abbiamo realizzato le opere per cui saremmo stati stretti in quattro. E non dimentichiamoci l’intervento in Curva Sud: un investimento soltanto per poter disputare la Champions al Gewiss Stadium”.

SPAGNOLO E GASPERINI. “La rivoluzione dell’Atalanta di Gasperini cominciò nel ritiro prepartita di Francavilla al Mare, prima del match col Crotone che disputammo sul neutro di Pescara. Col Napoli avrebbe completato l’assetto mettendo Caldara e Gagliardini titolari, lì si trattò comunque di scelte importanti: non era semplice far giocare da prima punta Petagna al posto di Pinilla, ma il mister doveva farlo. Pochi lo sanno, ma Gasperini nel 2011 sarebbe potuto venire all’Atalanta. Qualche mese prima di vincere matematicamente il campionato di B Colantuono aveva avuto delle offerte: con Zamagna e Corti andammo a casa di Gian Piero…”.

GOLLINI E L’ATALANTA. Il terzo incomodo del palcoscenico tutto nerazzurro è Pierluigi Gollini: “Il mister ci dice sempre di non giocare alla roulette russa, ma la sua filosofia è l’attacco. Io dalla porta mi diverto a vedere giocare i miei compagni. Ogni tanto corriamo dei pericoli… – ha riferito -. Che i nostri tifosi non possano viaggiare e godersi questa esperienza è un vero peccato. Ricordo la trasferta di Liverpool contro l’Everton in Europa League, ricordo il loro entusiasmo e la loro festa”. Un cenno allo spogliatoio: Gomez è il primo a scherzare o a essere serio a seconda di quel che richiede il momento. Il Papu è un pilastro, una figura importante cui tutti vogliamo bene. La Papu Dance? Ne fa di ogni: a Rovetta in ritiro si nascose dietro una tenda e prese a mazzate Kurtic e Petagna in camera loro”.

GOLLINI E IL PROSSIMO FUTURO. Il guardiano dei pali di Poggio Renatico, fuori fino a novembre per la lesione subtotale del crociato posteriore sinistro rimediata all’inizio di Atalanta-Inter il 2 agosto, s’è soffermato sulle sue prospettive. “L’Europeo con l’Italia per me passa solo dalle prestazioni nell’Atalanta. Ricordiamoci che in primavera il calcio è stato messo in secondo piano e la famiglia è tornata la priorità. Poi i mesi dell’incertezza, allenandoci da soli a casa. Da ragazzino giocavo in mezzo alla strada: per noi professionisti due mesi di allenamento in casa sono stati duri e impropri, ma formativi. Personalmente mi ha fatto male aver dovuto saltare il quarto di Lisbona come mi aveva fatto male dover rinunciare l’ottavo di ritorno a Valencia”.