Mercoledì ho svolto l’allenamento online con le giocatrici del Volley Azzano; speravamo fosse uno degli ultimi prima di rivederci in presenza, invece – a quanto pare – dovremo aspettare ancora un po’. Prima di iniziare, le ragazze mi hanno raccontato che davanti alle loro scuole alcuni studenti hanno iniziato una protesta per la ripresa della didattica in presenza. Non mi sono lasciata sfuggire l’occasione per accendere un confronto. “Non neghiamo la gravità della pandemia – mi spiega Giorgia (2006), attaccante fortissima al primo anno di Sarpi – ma la scuola è importante e ormai è troppo tempo che siamo a casa. Per me è un po’ complicato partecipare alla protesta pacifica dei miei compagni e delle mie compagne perché non abito a Bergamo, ma condivido pienamente il loro disagio”. La ringrazio e iniziamo l’allenamento, come sempre: a bomba!

Concluso l’ “alle”, saluto e mi scollego dalla chiamata, ma il mio pensiero rimane collegato a quelle parole: “è troppo tempo che siamo a casa…”. Già.

A questo punto della sera, dopo cena, faccio quello che sempre faccio in questi casi (e che farebbe anche Carrie Bradswah, protagonista di Sex and the City, telefilm da cui prende nome la rubrica) ovvero: svuoto il sacco con le mie amiche.

Ragazze ci sono delle manifestazioni nelle scuole a Bergamo, mi piacerebbe fare un salto per portare la nostra solidarietà, chi viene?”. Luci mi dice “Verrei io!” Si, peccato che abiti in Australia; Ele, la neo-mamma, interviene subito “Se Giacomo – suo figlio – fosse fuori da quella scuola porterei tè caldo per tutti e anche il pranzo!”. Betta: “Bella idea! vengo io, ci sentiamo domattina e ci mettiamo d’accordo per il tè…”. Perfetto! Marta interviene con una news: “A Milano hanno occupato il Liceo Manzoni”… e da questa notizia partono una serie di ricordi infiniti. Ale e Vale iniziano e tutte andiamo dietro, a cascata, in un libero e nostalgico flusso di coscienza.

Ci vengono incontro le nostre stagioni di studenti, le occupazioni fibrillanti, gli appuntamenti prima dell’alba davanti alla scuola, la conta di quanti eravamo, pochi a quell’ora, ma fiduciosi che durante la mattinata sarebbero arrivati anche gli altri. Ricordi di appostamenti vicino alla scuola. L’attesa del bidello che arrivava sbadigliando; chiamatolo più volte, gli spiegavamo le ragioni della nostra presenza a quell’ora insolita; del tutto sorpreso rimaneva interdetto per un po’, solo alla fine pareva convincersi che tutto sommato era conveniente arrendersi e farci entrare. In un attimo, BUM! Siamo dentro. “Non ci ha visto nessuno”, pensavamo. Intanto era la volta delle catene alle porte e dei lucchetti, poi per evitare il pericolo di sfondamento, disponevamo una montagna di banchi e cattedre, dietro il portone centrale. Mentre si organizzavano i turni per i servizi di sicurezza alle entrate, si preparava la palestra per l’assemblea. L’occupazione era iniziata!

Certo i tempi cambiano, cambiano i ragazzi e le ragazze e anche la scuola. Ma il fuoco che brucia appena sotto il petto è sempre lo stesso.

Ma torniamo a noi… Come promesso mi ritrovo con la Betta in Colle Aperto con litri di tè caldo nelle borse da portare al Liceo classico Paolo Sarpi.

Arrivati davanti al prestigioso Istituto, dalla bella e severa facciata neoclassica, troviamo una quindicina di ragazzi e ragazze che seguono la DAD davanti alla scuola. Facciamo due chiacchiere tra una lezione e l’altra: il tè già ce l’hanno ed anche le coperte. E soprattutto hanno le idee chiare: “Vogliamo che riapra la scuola”, “Noi giovani meritiamo più considerazione: siamo gli adulti del domani!”, “I nostri genitori stanno dalla nostra parte!”. Ci raccontano un sacco di cose, il dialogo è vivo come i loro occhi sopra le mascherine. “Lei signora, che scuola faceva?”, ci chiedono. “Dateci del tu, dai”… in fondo giuro, non siamo poi così vecchie.

Decidiamo di aspettarli fino alla fine della quinta ora, bevendo i litri di tè che avevamo preparato per loro. Ci allontaniamo per non disturbare: sono veramente belli, mentre seguono le lezioni a distanza in questa cornice stupenda che è piazza Rosate, su tavolini che – ci confidano – “non ci ha dato la scuola ma li abbiamo presi in prestito dal bar Tasso…”.

Nonostante il freddo, i ragazzi sono attenti. Rimaniamo sorprese dall’inglese, così fluente di una studentessa!… Noi avremmo avuto cervello e lingua congelati già alla seconda ora, mentre questi ragazzi testimoniano di avere carattere e buona volontà.

La settimana appena passata ha visto altri studenti protagonisti di una serie di proteste dinanzi alle loro scuole, come il Mascheroni, il Manzù e il Falcone. Ormai da otto giorni consecutivi – ci racconta Elisa (5E, liceo Sarpi) – ci alterniamo in piccoli gruppi di circa dodici studenti, per seguire le lezioni in DaD davanti la scuola. Chiediamo che anche la scuola sia considerata un’emergenza e che si torni in presenza. Noi abbiamo a cuore la scuola: è il nostro futuro. La politica dovrebbe averne più cura!”.

A Milano invece gli studenti e le studentesse di tre istituti (Liceo Manzoni, Tito Livio e Volta) hanno deciso di occupare per una notte. “I nostri politicanti – spiega Rebecca (Liceo Manzoni) – sono sempre disposti a compromessi per alimentare la logica del profitto ma non sono disposti agli stessi sacrifici per garantire una riapertura sicura e duratura delle scuole. Chiediamo protocolli sicuri, dispositivi medici di protezione personale, presidi sanitari. Chiediamo al comune di Milano abbonamenti gratuiti o a prezzi bassi per i servizi di bike sharing e un potenziamento del trasporto pubblico”.

Abbiamo incontrato alcuni studenti di queste realtà per una chiacchierata molto interessante.

Come sono cambiate le relazioni in classe da quando non ci sono più lezioni in presenza?
Purtroppo – ci spiega Chiara (terzo anno, liceo classico) – ci siamo allontanati molto. Eravamo una classe molto unita, uscivamo sempre insieme e c’era un grande senso di comunità, ma è da mesi che sul gruppo whatsapp partono discussioni e litigate inutili. Siamo tutte e tutti più nervosi a causa della situazione”.La didattica a distanza sta impoverendo i nostri rapporti, le nostre amicizie – aggiunge Elisa (5E, liceo Sarpi) -. Il lockdown è iniziato quando ero a metà del quarto anno e si sta portando via i momenti più belli dei miei anni al liceo. Ce la stiamo mettendo tutta per ricostruire la nostra normalità ma vedere la fine della scuola così vicina e incompiuta non è facile”.

Pensi di stare imparando meno?
Secondo Maddalena (3C, Liceo classico Manzoni, Milano) “Stiamo imparando molto meno, l’attenzione e l’interesse scarseggiano a causa della DaD”. Inoltre dalle risposte di tutti gli studenti e le studentesse intervenute emerge una forte consapevolezza: l’interazione, la comunicazione, il rapporto, persino il contatto è la base dell’apprendimento e non può essere sacrificata per così tanto tempo!

Pensa ai BES (bisogni educativi speciali) agli studenti e le studentesse migranti, o comunque a chi è più in difficoltà: quanto questa situazione li ha messi in una posizione ancor più di svantaggio?
Ci risponde Chiara: “È una situazione che mette in difficoltà tutti e chiaramente i ragazzi con più problemi di apprendimento si trovano in una posizione faticosissima. Vedo una mia compagna migrante non presentarsi mai a lezione e non partecipare in alcun modo”. “Per gli studenti BES –ci spiega Giordano (classe quinta, I.I.S. Mario Rigoni stern)- è garantita la lezione in presenza, ma manca tutta la dimensione sociale ed è molto difficile usare tutte quelle tecniche di apprendimento cooperativo che vengono normalmente utilizzate in situazioni del genere”

E questa situazione ti ha mai portato a pensare di abbandonare la scuola?
Tutti sottolineano l’importanza dell’istruzione e la volontà a non abbandonare.Il carico di stress e ansia però – dice Giordano – è enormemente aumentato e la mia partecipazione alla scuola è stata snaturata, perché per la scuola è interazione”. Infine Nicole (4D, liceo artistico Manzù) ci svela: “Ho pensato alla bocciatura, prendo in considerazione questa dinamica perché avrei l’opportunità di rifare un anno di scuola perso. Con la didattica a distanza non sembra ma è come se fossimo tutti bocciati”.

Come si sentono secondo te i professori?
L’opinione generale degli studenti intervistati è che i professori si sentano persi quanto gli studenti. Qualcuno lo esprime, altri – spiega Chiara – “rivelano silenziosamente una gran frustrazione”. “Sicuramente – sottolinea Federica (4E, Sarpi) – bisogna riconoscere una grande abilità nell’essersi adattati alla DaD, nonostante la nostalgia del contatto con gli alunni”. Infine Elisa confessa che le piacerebbe che anche i professori si facessero sentire: “Secondo me hanno più strumenti di noi ragazzi e soprattutto hanno il grande ruolo di guida nei nostri confronti”.

Pensando alle lezioni in DAD finora, quanto tempo è stato dedicato per parlare della situazione attuale? E’ stato utile parlarne?
Direi – ci spiega Flavia (5A, liceo Volta, Milano) – che da ottobre è stato dedicato circa il 10% del tempo a disposizione per parlare di DaD. Questo perché ci sono solo un paio di professori che lo fanno, che capiscono come ci sentiamo e dedicano tempo al confronto”

I tuoi genitori: cosa pensano di questa situazione? Sono preoccupati? E della tua protesta?
Loro sono con me, mi hanno sostenuta e incitata a manifestare” ci risponde Sofia (2D, Liceo Artistico Manzù). Anche Elisa parla del sostegno dei suoi: “mi hanno sempre insegnato a credere nella scuola, anche in questo periodo dove nessuno sembra volerlo ricordare!”

Bergamo & Sport è un giornale sportivo. Anche lo sport in questo periodo è fermo. Cosa ne pensi? Pensi che manchi solo per educazione fisica o anche ad altre attività?
Molti dei ragazzi che abbiamo ascoltato, oltre ad avere nostalgia della scuola, non vedono l’ora di tornare a svolgere l’attività sportiva. “Penso – risponde Nicole che ognuno abbia le proprie necessità. Io prediligo le materie di tipo umanistico, ma penso che lo sport, come la scuola, faccia parte di un percorso formativo importante, a livello fisico, mentale e soprattutto sociale. Lo sport come la scuola deve ripartire, ma sempre in maniera controllata”. Giordano aggiunge: “scuola e sport sono stati chiusi fin da subito, invece per altri settori non è stato così: credo che vada fatta una valutazione in merito a ciò che può essere tenuto aperto non solo in base al lato economico, ma anche a quello sociale!”

Pensa ai problemi che vedi ora per la scuola oltre la DaD: quali di questi sono problemi che esistevano anche in presenza?
La maggior parte dei problemi che ora sono stati accentuati dalla pandemia –racconta Chiara sono presenti da anni a causa di tagli notevoli all’istruzione: per esempio, il fenomeno delle classi pollaio dopo la riforma Gelmini, la mancanza di medici e infermerie scolastiche…”

Se potessi ricostruire la scuola ora, per il prossimo anno 2021-22: da cosa partiresti?
Sofia vorrebbe classi meno numerose. Maddalena la vorrebbe in presenza, sicura, con più fondi, femminista, con più sport e che si impegni in obiettivi ecosostenibili”.

Chiara invece la vorrebbe al primo posto tra le priorità dello stato e del governo: “Destinerei molti più miliardi (e non solo uno…) per l’istruzione nel Recovery Fund ed assumerei molti e molte più insegnanti precari.”

Nicole vuole una scuola attiva, con delle priorità e – conclude – “Vorrei una scuola dove chi ha delle difficoltà, chiunque, venga messo di fronte ad una soluzione, non abbandonato”.

A Elisa piacerebbe che chi tiene alla scuola non lo debba dimostrare prendendo dieci in tutte le materie ma partecipando alle sue attività, lavorando per cambiarla!

Giordano vorrebbe una scuola che “metta in primo piano il ragionamento, il pensiero critico e la responsabilità!”

Flavia ci parla del metodo di valutazione, “non è possibile mettere tanta pressione per un voto!” Vuole più ore dedicate al dibattito e all’attualità, e desidera “una scuola che metta a disposizione lo spazio per gli studenti per studiare, leggere o anche semplicemente passare del tempo insieme”

La scuola è di chi la vive! Grazie ragazzi, è stato un piacere conoscervi! Ci vediamo settimana prossima davanti alle vostre scuole!

Antonella Leuzzi
(Nelle foto: il “Falcone”, le occupazioni nelle scuole milanesi, il Liceo Artistico “Fantoni” e due immagini ciascuno per lo Scientifico “Mascheroni” e il Classico “Sarpi”)