Tom era nervoso, agitato come un animale in gabbia. Si muoveva per la stanza imprecando, inveendo collerico contro qualcuno, fino a quando si fermò fissando la parete opposta ov’era un altro uomo che lo stava guardando con la stessa espressione arcigna.
“Credi di farmi paura con quella faccia?” disse con tono di disprezzo ma quel tizio non gli diede risposta sebbene sembrò volerlo fare. Allora lui riprese a camminare con la stessa frenesia di prima mandandolo alla malora e, poche decine di secondi dopo, vi fu uno scoppio d’ira.
“Tu non hai la minima idea di cosa stai provocando!” gli sbraitò addosso fermandosi a guardarlo “No! Non dire niente perché questa non era una domanda!” aggiunse Tom additando l’uomo dall’altra parte della stanza “Io so già come andrà a finire sta storia!”.
Quel tale, appoggiato al muro di fronte, fece per aprir bocca ma le sue parole si confusero, annichilite dallo strepitio dell’idrofobo dall’altro lato, che pareva aspettarsi una risposta ma in realtà non gli permetteva una replica.
“Sai perfettamente quanto lei tenga a te ma con il tuo atteggiamento infantile ed egocentrico la stai allontanando e finirai col perderla!” gridò Tom allargando le braccia spazientito, dopodiché fece un lungo sospiro seghettato dalla rabbia che si sentiva in corpo, stropicciandosi il volto e dando le spalle.
“Ti sei sfogato abbastanza?” domandò quell’altro con fastidiosa pacatezza “Posso parlare io adesso?”.
Tom non dimostrò di volersi opporre, però rimase voltato, tremante, con i pugni stretti e il capo chino.
“Tu sei l’unico vero amico che io abbia mai avuto” gli disse quello “…il solo in grado di comprendere la mia vera natura, il solo per cui nutra rispetto. Ma non permetterti mai più di rivolgerti a me con questo tono” aggiunse infine con un timbro talmente calmo e potente da scuotergli le budella.
Un colpo di tosse subentrò un attimo dopo che l’eco di quelle parole si spense: Tom, sentendo di non riuscire ad imbastire una replica tentò così di spezzare il silenzio che ne conseguì. Poi si voltò, lento, vedendo quel tale immobile, sempre lì, fisso, ancora nello stesso punto ma con occhio indagatorio.
“Perché ti dai tanta pena per lei?” gli chiese quello in tono inquietante “Credo che tu, mio caro Tom, mi stia nascondendo qualcosa. Lo sai che non è corretto fra di noi”.
Lui s’azzardò ad aprir bocca ma le labbra gli tremavano e nell’immediato non gli diede risposta, ma alla fine gli subentrò disperatamente per zittirlo, per impedirgli di riprendere con quell’irritante flemma accusatoria.
“Nessun mistero: io sono tuo amico l’hai sottolineato tu stesso…” gli disse Tom con velato imbarazzo e senza più il rancore che lo aveva assalito all’inizio “…l’unico che sappia capirti, l’unico che possa darti un consiglio spassionato e credimi se ti dico che lei è una persona meravigliosa”.
“E…?” chiese quell’altro invitandolo a continuare già sapendo vi fosse un seguito.
“E… so che sareste felici insieme… se solo tu permettessi al vostro rapporto di continuare, scendendo però ad un livello paritario, di complicità, correità e corresponsabilità”.
Il tizio dalla parte opposta della camera si mise a ridere di gusto permeando la stanza, facendo risalire la rabbia tant’è che Tom scavalcò il letto con un balzo arrivandogli a un palmo di distanza.
“Piantala!” gli ringhiò addosso minaccioso.
“Ah, certo, io dovrei piantarla?! Sei tu che devi smettere di fingere, codardo!” gli rispose a tono il tizio contrastando quell’atteggiamento intimidatorio con la stessa espressione torva “Ti nascondi perché non hai il coraggio delle tue azioni: sei un debole, patetico e ridicolo! Ammetti a te stesso chi sei e cosa vuoi veramente!”.
“Tu non sai niente dei miei veri sentimenti!” bofonchiò Tom sentendosi improvvisamente alle strette, passato troppo velocemente dal ruolo di accusatore a quello di accusato.
“Niente?!” affermò quello in tono sprezzante “Io non saprei niente di te?!”.
“No, niente!” ripeté Tom con gli occhi gonfi di lacrime fatte di collera e frustrazione.
“Ammetti che sei innamorato di me e non te ne frega un cazzo di quella donna! Dillo!” sbraitò l’altro.
“No! Non è vero! Taci!!” urlò Tom scagliando un pugno che mandò in mille pezzi lo specchio affisso alla parete fronte a lui, accasciandosi poi a terra piangente, disperato, con la mano grondante sangue.
Quando si placò il pianto, Tom aprì gli occhi scorgendo una parte della propria immagine riflessa in un frammento di specchio. Quindi una voce, quella sicura e tremenda del suo ego smisurato.
“Non ti libererai mai di me, ricordatelo. Adesso rialzati: si torna in carreggiata”.
Marcus Joseph Bax