Torneranno i prati, il calcio la domenica, la Champions il mercoledì sera, per me il cortile della redazione, per te quello della scuola. Torneranno i fine settimana dai tuoi nonni, le lunghe vacanze che fai con la mamma al mare, le altre, in campagna, nel sole e nel vento, a inseguire gli sciami delle api. Tra un attimo ci sveglieremo da questo tempo sospeso e tu sarai grande mentre io tornerò di nuovo piccolo, e come ogni volta ci ritroveremo abbracciati da giorni e da notti diverse. Mi mancherai, piccolo grande uomo, e io, immensamente, a te, che guardo innamorato.
E tra un articolo e l’altro avrò bisogno di ricordarmi di oggi, minuto per minuto, come fosse la mia partita più bella, la migliore mai giocata, la sola che in questo sabato sera sento abbia un senso raccontare.
Ci siamo alzati questa mattina e il tuo bellissimo corpo allungato copriva ogni angolo del mio, riscaldandomi col tuo amore. Ed era tardi, ma ti ho lasciato dormire, estasiato dalla tua immensa voglia di vivere, coi tuoi piedi che muovi all’impazzata, nella voglia che hai d’inventare infiniti mondi, solo per farci ridere. E hai aperto gli occhi e abbiamo acceso la televisione e c’erano Capitan America, Hulk e Iron Man, insomma un sacco di eroi, ma manco li stavamo a guardare, che eravamo presi dall’identico movimento dei nostri occhi tanto diversi.
E ci sentivamo bellissimi e allora ci siamo fotografati, e non so da dove hai tirato fuori un bastone per i selfie, ma il nostro set da modelli era un disastro, perché, quando siamo vicini, ci prende la voglia del solletico che manda tutto a puttane. E ci siamo alzati e mi hai aiutato a fare le pulizie, e cantavi mentre davi la polvere e allora ti sei vestito da nonna Valeria, la parrucca e la vestaglietta, che ti travesti da qualcuno o da qualcosa da due secondi dopo che sei nato.
E poi abbiamo mangiato, e tu che a dodici anni sei già un punk, va detto buono buono, insomma da salotto (e prima o poi dovrai farti la doccia, sappilo), hai portato il piatto in un angolo del tappeto, proponendo di farlo a tutti noi, così per cambiare gli addendi, tu che hai i capelli fucsia sopra quelli colorati d’azzurro.
E siamo scesi giù e hai vinto 5-1, tre gol di mirabile bellezza, dei tuoi, da picchiatore della mediana, identico a me quando ero come te, testa bassa, palla terra, hasta la victoria, companeros. E hai voluto spaccare il tuo ukulele, che l’hai visto fare a Hendrix con la chitarra in chissà quali meandri nascosti a me e a tua mamma, quando ti chiudi in camera a guardare i tuoi video.
Torneranno i prati, ragazzo mio, meraviglioso Zen, e saremo felici di vedere solo sorrisi e mai più lacrime intorno. E coi prati torneremo anche noi, quelli di prima, due che si amano, pur vedendosi poco e male, portati ogni volta via dalla corrente, fortissima per chi è della nostra stirpe, così innamorata della gente.
Ma di tanti treni persi, quelli che non si prendono per i tanti ritardi che facciamo noi padri con voi che siete i nostri figli, io e te ci ricorderemo ogni volta di questo, preso senza che lo stessimo aspettando, ma preso nel nostro momento migliore, un attimo prima di vederti diventare grande.

Matteo Bonfanti