Come ogni mattina di una normale settimana lavorativa 350 pendolari della pianura bergamasca e cremasca affollavano il treno regionale delle 5.32 da Cremona per Milano. Una mattina come tante altre, fatta di alzatacce, di rincorse all’orologio che ti porta affannato alla stazione, di promiscuità (oggi un termine abolito dalla pandemia) nei vagoni ora bollenti ora ghiacciati di un treno che accompagna nella grande Milano. Una mattina che non doveva finire così e che invece si è trasformata in tragedia, che ha lasciato ferite anche psicologiche oltre al lutto in tre case che avevano visto le loro donne affrontare il dovere con un abbonamento ferroviario in una mano e la consapevolezza che la vita è anche sacrificio nell’altra. Le brume mattutine della pianura lombarda avvolgono tutto, le rotaie, le lamiere di un treno che, soprattutto al mattino è fatto di musica nelle cuffie, libri da leggere, relazioni da correggere o che semplicemente rappresentano il luogo dove allungare artificialmente il sonno repentinamente interrotto dal suono della sveglia. Non così fu a Pioltello (ironia della sorte stazione che fu testimone di un altro incidente ferroviario nel lontanissimo 1893) quel maledetto 25 gennaio 2018, quando alle 6.57 il Regionale 10452, lanciato a 140 km/h verso la sua destinazione finale di Milano Porta Garibaldi, svia dal suo percorso e deraglia. Panico, urla, e tutto quanto ci si può immaginare avvolgono quelle carrozze che poi diventeranno il triste epilogo per Ida Milanesi, Pierangela Tadini e Alessandra Pirri e luogo di sofferenza per decine di feriti. Le conseguenze nefaste sono ancora negli occhi e nelle menti di chi visse quella tragica esperienza mentre la macchina della giustizia fatica, come spesso accade in questo Paese, a prendere il via e soprattutto a identificare i responsabili. Accade troppo spesso che incidenti del genere rimangano impuniti (ndr vedasi la recente sentenza della “strage di Viareggio”), aggravando la ferita di chi ha dovuto subire gli errori o la superficialità di persone chiamate quotidianamente a rendere sicuri i nostri viaggi. In questi giorni si parla (e sparla) di fondi europei strutturali. Non a caso una quota importante dovrebbe essere stanziata per il potenziamento delle infrastrutture, tra cui strade e ferrovie. Un Paese civile non può prescindere dall’efficienza del sistema su gomma e soprattutto su ferro, ma evidentemente non se ne è presa ancora abbastanza coscienza. Perché non esista più un’altra Pioltello, perché non si lasci al caso la vita di tanti pendolari che la affidano a chi invece dovrebbe proteggerla.
Giuseppe De Carli