Un anno fa l’ultima volta della Dea con il suo pubblico. Un anno fa. Era la notte indimenticabile del 4-1 al Valencia, la notte da sogno dei 45mila bergamaschi a riempiere i primi due anelli di San Siro, delle code interminabili lungo i 40 chilometri dell’autostrada A4 sia all’andata che al ritorno. 

Un anno fa. Una trentina di ore dopo, il successivo venerdì mattina, sarebbe cambiato tutto per Bergamo, per l’Italia, per l’Europa, per il mondo intero, con il primo contagiato scoperto a Codogno e l’ingresso nel tunnel della pandemia.

Nessuno quella sera poteva sapere che il virus, fino a quel momento confinato in Cina secondo i medici, in realtà era già presente in Italia e in Europa, con casi risalenti a gennaio che sarebbe poi stati accertati successivamente, per cui quella sera non c’erano mascherine, distanziamenti, precauzioni: una notte di festa, com abbracci, baci, bevute dallo stesso bicchiere, come succedeva normalmente fino ad un anno fa.

La notte del Meazza resta l’ultima per i tifosi bergamaschi.  Al netto di qualche eccezione.  Il calcio in realtà impiegò un paio di settimane prima di fermarsi, a singhiozzo. 

Atalanta-Sassuolo in programma la seguente domenica pomeriggio venne rinviata la sera precedente, dopo l’impennata dei contagi in Lombardia, ma la domenica successiva incredibilmente, era il primo marzo, la Dea giocò a Lecce con la normale cornice di pubblico salentino e persino un centinaio di tifosi bergamaschi al seguito.
Gli ultimi ad avere visto l’Atalanta dagli spalti, a parte i pochi sanitari invitati allo stadio a ottobre nelle poche gare casalinghe aperte simbolicamente ad un limite di mille spettatori. 

Un anno senza lo stadio per decine di migliaia di tifosi bergamaschi, un anno di silenzio dentro gli impianti.
Anche se il popolo bergamasco ha sempre tenuto fede al motto ‘Mai sola’ al netto dei rispetto dei divieti di assembramenti, con una presenza della curva non solo simbolica nello scortare il bus nerazzurro fuori dallo stadio o accogliendolo ai cancelli del centro sportivo di Zingonia o con il tifo dall’esterno, dalle strade limitrofe intorno allo stadio. 

Palliativi, per esserci, per far trascorrere questo anno interminabile, un anno da incubo iniziato paradossalmente dopo un’indimenticabile notte da sogno…   

 

Fabrizio Carcano