Ho voglia di far la conta degli amici persi in questo anno sospeso, passare questa notte a sentirli, ascoltarli mentre mi dicono “sì, dai, Bonfa, si ricomincia”. Dov’è Gre, folle complice delle mie notti interminabili, allegre e disperate? Ed Ermallo tira ancora di boxe? Si è ingrigito o è restato il fotomodello albanese strappa mutande zeppo di battute che ho amato così tanto da sentirmi mezzo gay? E la mitica Bonzies in quale strano lavoro è? E’ rimasta a vendere pacchetti solidali a gente che vuole salvare la Terra o a persone che desiderano sfamare una serie di bambini poveri dell’Africa nera grazie a un abbonamento mensile di pacchi di riso giallo? E se sì, c’è ancora qualcuno che le consegna dei denari per un’adozione a distanza di un delfino del Costa Rica o per dare da magnare a Mohamed e ad Abdel, ora che anche noi italiani siamo tutti ridotti alla canna del gas? Pablo Messico, prestante idolo delle maestrine single bergamasche, continua ad essere il sogno erotico delle milfone a cui tiene i giovani pupi?
Il 26 aprile è vicino, mancano poche ore. Poi torneremo a vederci. E io ho un botto di arretrati coi miei amici, che non ci siamo visti quasi mai e poi tra soci, ma dico soci soci, scriversi su un social non è che vale, non ci sono gli occhi, la bocca e il naso, che spiegano un sacco di più, forse tutto. Mi guardo indietro e quest’anno di covid l’ho passato ad amare follemente e interamente solo la mia manciata, poi a mettere in fila ogni parola del mio cuore, fino a esaurire le mie frasi, senza manco avere più una bella storia da raccontare.
E poi ho voglia della mia nonnina, che sta a Bologna, e pure del mare, che sta cento metri sotto di lei, a Cesenatico. E da qualche settimana mi ha preso il bisogno di cantare per qualcuno, stonato, stanco, perso e perduto, ma allegro purché ci sia la notte con la luna e le stelle che si porta dietro.
Dicevi, amore mio, un anno fa mentre mi massaggiavi la schiena: “Vedrai, tesoro, che sarà solo una settimana. E in così poco non avremo il tempo di cambiare”. Ti rispondevo: “Passeranno anni e io sarò diverso. Ho paura che perderò il sorriso”. Tutti e due ci sbagliavamo, ma io non sono più quello che ero e pure tu fai una fatica boia ad essere quella che sei stata prima di questo. Ci è mancata la gente, che tanto si è presa cura di noi nelle nostre notti lontani. E avremmo addirittura potuto ammalarci, ma siamo stati fortunati e non ci è accaduto.
Perché è stato tutto peggio, un sacco brutto, ma manco mi importa più. Tra tre giorni vedo il Gippo, Fla, Rude, Marco, Raul e lo Zio. Giochiamo a pallone a Orio, finalmente. Per quattro ore. Ma non ci stancheremo. Abbiamo un sacco di cose da raccontarci.
Matteo Bonfanti