di Simone Fornoni
Lunedì per fortuna s’è chiusa la cosiddetta e maledettissima finestra di riparazione. Un male necessario, una via crucis da percorrere tra una ridda di nomi e ipotesi vivendola sulla pelle propria, degli operatori in prima linea e anche dei tifosi, sempre caricati di chissà quali aspettative. Parafrasando la classica frasaccia di Vittorio Sgarbi nei confronti dell’ennesimo collega critico d’arte, io il calciomercato lo odio e ne desidero la morte. Fino all’estate non se ne riparla più. Adesso, però, è ora di commentare quello dell’Atalanta, che secondo molti addetti ai lavori guarderebbe al futuro rispondendo a una strategia precisa: rosa corta e uomini giusti, ovvero adeguati al carico di lavoro e ai dettami tattici di Gian Piero Gasperini, con l’inserimento di elementi di prospettiva. Diciamocelo subito: se Joakim Maehle e Viktor Kovalenko sono la risposta ai problemi nerazzurri, allora forse è la domanda che è sbagliata.

CALCIOMERCATO: UN CESTO DI MAEHLE. Perché se il laterale danese ha comunque la forza fisica, il passo e la diligenza da backup su entrambe le fasce, pur non essendo riuscito a sopperire all’assenza di Hans Hateboer contro la Lazio, l’ucraino è l’ennesimo jolly dalla cintola in su in un reparto già strapieno. Nello Shakhtar Dontesk faceva di tutto, dall’interno a due davanti alla difesa alla mezzala a cinque fino al trequartista. Qui ci sono già Marten de Roon, Remo Freuler, Matteo Pessina, Mario Pasalic e i più spiccatamente offensivi Alexey Miranchuk e Ruslan Malinovskyi, il Colonnello, amico, sponsor e per adesso anche traduttore simultaneo del nuovo arrivato. Va bene l’ambientamento. Va bene aver anticipato la mossa rispetto allo svincolo a fine giugno. Ma il piano qual è? Chi gli dovrebbe cedere il posto alla lunga? Al netto dei soli 700 mila euro di indennizzo spesi, sarà un investimento a lungo termine adatto allo scopo?

DEPA(P)UPERAMENTO TECNICO. La questione aperta e piena di interrogativi è l’ovvio depauperamento sul piano tecnico, ma non solo, figlio di altre due questioni irrisolte. Il Papu Gomez se n’è andato nel modo che sappiamo e rimpiangerlo quando le cose vanno storte può sembrare uno stucchevole esercizio retorico, ma alla prova dei fatti va riconosciuto che uno con le sue caratteristiche manca. Leadership, innanzitutto: quella che ha colmato la misura nei rapporti con tecnico e società facendo traboccare il pentolone di acqua bollente, finita addosso alle parti tra mille scottature. Qualità nei piedi e nelle letture di gioco. Abnegazione, perché senza scomodare il sacrificio, parolaccia pure per il Gasp non essendoci in ballo il lavoro nei campi o in miniera, l’argentino giocava ovunque, anche su una gamba sola, facendo pentole e coperchi oltre a mettere il sugo sulla pasta della partita. Basterebbe ricordarne gli acuti, da tuttocampista rinculante eppure capace di sortite nel nulla quando i compagni davanti avevano ancora le gambe pesanti, all’inizio della stagione, contro Torino e soprattutto Lazio.

SAN GIUSEPPE, ACCENDI LA LUCE. E si conclude con l’unico fuoriclasse rimasto, Josip Ilicic. Sono due facce della stessa medaglia: il depauperamento tecnico, un segno meno senza riequilibrio algebrico, perché di più ne è rimasto uno. Col Papu che non c’è più, il fardello delle invenzioni e del bel gioco soltanto sulle spalle del fantasista sloveno alla lunga rischia di pesare. Per due ordini di motivi: se non accende la luce lui non può pensarci anima viva lì dentro, e se deve occuparsi di creare è quasi surreale chiedergli anche di concludere. Queste sono cose che richiedono due persone sul pezzo. Né è superfluo chiedersi che fine abbia fatto il tormentone del vice Ilicic, nemmeno stavolta apparso all’orizzonte. Semplicemente perché tutti, compreso l’uomo in panchina, sanno benissimo che non esiste e non esisterà mai, tanto più che quando il 72 si accomoda fuori per riposare si va a un terminale unico, Duvan Zapata o Luis Muriel che ne è la riserva pur segnando di più e meglio, con la coppia dell’Est Ruslan Malinovskyi e Aleksey Miranchuk alle spalle. Accontentiamoci di definire il recuperato Mario Pasalic il migliore acquisto dell’inverno e vediamo che succede.