Così è ufficiale, che io di questo amore morirò. Il nostro tempo è da sempre una clessidra e alla vostra età la sabbia non sta a considerare i nostri abbracci, scende velocissima verso quel lontano che ogni giorno si avvicina. E’ successo a mio papà, è successo al papà di mio papà, succederà anche a me con voi. Magari mi accadrà guardando la foto di come stavamo bene ieri, in posa, tre passi sopra il cielo lungo le luci di San Siro, oppure non saranno le immagini, ma il vento. Dal finestrino aperto di un treno mi arriverà sul viso il profumo che avete ora che siete grandi e forti, divertenti, piccoli e lunghi lunghi, stesi a far gli scemi sui sedili di un vagone arrugginito quanto me. Ci fosse questa cosa vista da bimbino dentro un film, lo schiocco delle dita e si resta uguali per altri dieci anni, nel meglio, che per me è quando siamo noi tre, sul secondo anello del Meazza a prendere in giro la bulgara che fa video a tutto spiano o mentre in una stazione del metrò ci mettiamo a cantare il nome del nostro personale idolo calcistico, l’attaccante che a casa sua segnava montagne di gol e che in questa stagione non tocca mai la palla. Rimanessero identici i nostri corpi, la forza del maestro Yoda di Star Wars che mi passate appena vi appoggiate, sulle mie spalle ogni volta che mi parlate. Fossero sempre così le vostre parole, le nuvole bianche con cui mi coccolate, oggi che siete in quel punto in cui potete scegliere tra mille strade del mondo e le valutate sulle onde dei miei sguardi. Non è lontano questo lontano, distante tre battiti di ciglia, visto quanto corrono in fretta le vite che crescono. Partirete, del resto va così e poi siete figli miei, nella fatica di star fermi, ma se riuscite, insomma se non è un casino, restatemi addosso ancora un altro po’.
Matteo Bonfanti