di Marco Bonfanti
Visto che questa rubrica è denominata “viaggio in serie D”, diciamo subito, come premessa, che vi sono viaggi che portano lontano, e mostrano meraviglie, e danno affanno e respiro, e riempiono occhi e cuore di cose  nuove, mai viste. Ve ne sono altri che non ti muovono da dove sei, viaggi pigri, più immaginari e immaginati che reali, viaggi brevi in territori già conosciuti e saputi a memoria.
Lecco-Borgomanero, partita da  calma piatta, è un viaggio di questi, un viaggio senza partenza né arrivo, viaggio da zero a zero, il risultato appunto dell’immobilità. Tanto che, a voler commentare questa partita già da saldi di fine stagione, ci viene da citare Vecchioni ed una sua canzone di qualche anno fa che così comincia: “che scrivere mai, che cosa raccontare?” Un viaggio mancato insomma, un viaggio da ovviare. Per parlarne, come ci suggeriva ieri Beppe, l’unica è appellarsi al gergo specialistico, e allora ecco che nel primo tempo vi è stata una sterile supremazia territoriale della squadra piemontese, che però non ha saputo sfruttare la mole di lavoro fin lì prodotta  (e vai con una perla pallonara dietro l’altra). Nel secondo tempo vi è invece stata una timida reazione della squadra blu celeste, che è pure riuscita a costruire una nitida palla-gol, peraltro però non sfruttata dall’avanti Castagna, sempre più l’ombra di se stesso. Fine del cinema, come si usa dire. Detto tutto, insomma, in parole povere. Che poi questa partita neanche l’avremmo dovuta vedere perché, dopo i fatti già raccontati di Seregno, il Lecco avrebbe dovuto giocare a porte chiuse. Una clemenza dell’ultima ora le ha poi riaperte, però su questa, pur mancata, sospensione, due parole le vogliamo proprio spendere. Allora a Seregno si menano, ma neanche tanto, tre o quattro ultras lecchesi con un pari numero di tifosi della squadra ospitante. E’ comunque una breve scaramuccia prima della partita che, con l’intervento di un qualche carabiniere, si conclude con un nulla di fatto. Raccontiamo questo perché ne siamo stati testimoni oculari. Bene la prima sanzione, poi come detto, revocata, è stata  quella che il Lecco avrebbe dovuto giocare a porte chiuse. A parte il fatto che non si capisce perché il provvedimento abbia colpito solo il Lecco e non anche l’altra squadra, forse che i cattivi erano solo lecchesi, alcune domande ci paiono obbligate. La prima è quella del perché mai non si riescano a trovare quattro idioti che scambiano una partita per quello che non è, cioè scontro tra fazioni avversarie, vengano isolati e venga solo a loro impedito l’accesso allo stadio. Ci si chiede che senso ha privare della gioia di una partita chi, non c’entrando nulla, ad essa vi si reca solo per divertimento, pacificamente e considera la partita niente più che un piacevole diversivo tra un impegno e l’altro? Infine, è mai possibile che punendo tutti come corresponsabili di un’estrema frangia del tifo, non  ci si renda conto che si concede questa frangia un potere assai forte di decidere cosa si può o non si può vedere, rendendo così i peggiori arbitri della scelte complessive? Certo domande inevase, ma la cui mancata risposta lascia scivolare il calcio lungo il piano del vuoto e del niente.
L’altra sera si guardava una partita inglese e insieme ai soliti noti  si ammirava lo stadio pieno di persone festose. Poi invece vedi gli stadi italiani sempre più vuoti, sempre più deserti. Ci si appella al potere distraente della televisione, ma che si sappia questo mezzo di comunicazione esiste anche negli altri paesi. Se gli stadi sono vuoti è semplicemente perché  da noi non sono più luoghi di accogliente fantasia, e il potere concesso agli ultras ne è certamente una concausa. E sarà perché non esiste più una società ed ogni settimana si annuncia una cordata che è solo buona per l’impiccato e mai per rilevare il pacchetto azionario. Sarà perché lo spettacolo da vedere è sempre più povero e dai contenuti scialbi e sbiaditi. Sarà perché la gente si è pure stufata che una domenica sì e una no si rischia di giocare a porte chiuse, causa un tifo stupidamente violento. Saranno tante le cause ma anche a Lecco il pubblico che assiste alla partita è sempre meno. Tra non molto ci si saluterà  tutti come amici di vecchia data, i pochi restanti. I pochi paganti.  E questo, più di ogni altro commento, la dice lunga sullo stato di salute, assai precario, della nostra ormai ex gloriosa società calcistica.
Nella foto, Giuseppe Bonfanti, uno dei quattro inviati lariani Serie D