di Marco Bonfanti
In una partita da saldi di fine stagione , Lecco e Caravaggio si dividono equamente la posta. Entrambe le squadre hanno un’occasione da gol nel primo tempo e la sprecano. Ne hanno un’altra nel secondo e la sfruttano. Uno a uno e tutti a casa in una calda giornata che fa dire a Beppe che sembra una partita da spiaggia. Una fra bagnanti e bagnini. I bagnanti di Caravaggio vanno in rete a pochi minuti dalla fine, i bagnini di Lecco non ci stanno e partono all’arrembaggio. A pochissimo dalla fine riescono a mettere in rete il gol del pareggio. Questo è quanto, questo è tanto.  Perché il resto è solo ritmo molle, passaggi sbagliati, sbadigli, ripartenze lente, passi di danza dimenticati.

E’ bello però che il gol del pareggio lo segni Castagna, che il mister mette in campo a soli quattro minuti dalla fine. Castagna, ad inizio campionato, era titolare inamovibile, pur se non particolarmente amato da buona parte del pubblico, tra cui anche quelli della nostra compagnia. Poi è via via sfiorito, con prestazioni sempre meno convincenti. Un giocatore indiscutibile per l’impegno, ma con lacune tecniche che sembravano sempre più evidenti. Era un simbolo della squadra, era diventato soltanto un impiccio al buon gioco, tanto che, con il nuovo allenatore, la panchina era divenuta la sua più abituale sede. Negli ultimi tempi è stato utilizzato per scampoli sempre più brevi di partita, tra cui i quattro minuti di ieri.  E lui entra e segna, sommando al gesto tecnico,  la  rabbia e la frustrazione di una veloce decadenza. Come già detto non lo abbiamo mai particolarmente amato, ma a chi risorge dalle proprie ceneri l’onore va comunque dato. Un uomo che risorge. A Mapello per vincere era bastata un’apparizione, come detto  la scorsa settimana. Ma quella era terra da apparizioni tarocche. Ieri invece si aveva di fronte  una squadra, il Caravaggio, da apparizioni certificate.  Certo che non bastava un guizzo,  per vincere, scontando la facile ironia su una partita della Madonna, ci voleva ben altro.  Altro che, però, non c’è stato.  Il Caravaggio è saldamente salvo.  Il Lecco si è illuso di esserlo, perché alla matematica salvezza manca ancora qualche punto. Ne è uscita così una partita di quelle che paiono solo pratiche da espletare. E’ finita in pari come doveva e come sarà da qui alla fine del campionato, in un trascinarsi pigro fino alla fine.

Lecco, come città, veniva da una settimana in cui si era scoperta corrotta quel tanto che basta. Le acque del lago riflettevano loschi traffici e infiltrazioni mafiose. E’ così dappertutto, pensarsi vergini non aveva senso. Però fa male vedere accusata di corruzione gente che sembrava di specchiata onestà. Dover dire, un’altra volta, che in politica ormai tutto si contorce ed è difficile distinguere i confini tra un partito e l’altro, un’idea e l’altra, una pratica e l’altra. Sembrano tutti rispondere alla stessa chiamata di potere, come se non esistesse più nessun servizio alla comunità, ma solo a se stessi, al proprio irrefrenabile ego, alla voglia di primeggiare, costi quel che costi.  E sono questi pensieri amari, specie se chi li fa, ha, come noi,  un passato e un ricordo di una politica che avrebbe dovuto riscattare gli ultimi. E che invece ora è solo appannaggio dei primi.

Poi i pensieri amari si stemperano, per fortuna, nel lussureggiante canto della natura. Perché i viaggi hanno una partenza, e la mia, ogni volta, è da qui, da questa casa. E qui, nel piccolo giardino, è esplosa la fioritura del glicine. Questa fioritura, così rapida e repentina, ci ha ricordato certe passioni, per le persone o per le cose, giovanili. Passioni totalizzanti, passioni di fiori sgorgati all’improvviso, magnificenti e pieni, anche se non destinati a durare. Ora che il tempo, che si fa anziano, ci ha insegnato a coltivare un fiore per ogni giorno, a godere di ciò che rimane saldo e invariato, è comunque fonte di calore vedere ancora un grido forte che sfida il cielo. Come quello del glicine, che ci regala una pienezza di vita con cui, ancora, guardare lontano.