di Marco Bonfanti
Lecco-Olginatese, definito derby del Lario, finisce in parità.  Ed è una partita talmente brutta, ci si mette pure un tempo  piovoso e colloso, che, come mi suggerisce Beppe ed io ne convengo, l’unico lampo di luce lo si vede al venticinquesimo del secondo tempo, al momento cioè in cui accendono i fari.  Per il resto è buio pesto, alla fine del primo tempo quelli dell’Olginatese rimangono in dieci per un’espulsione, ma il Lecco, nei restanti quarantacinque minuti, non approfitta neanche un po’ della superiorità numerica, anzi subisce l’iniziativa di quelli che sono di meno, ma non sono da meno.

Il nuovo allenatore (tale Cotroneo) non riesce ancora a risolvere i dubbi amletici che assillano i giocatori blucelesti.  Essi, questi dilemmi, sono di tre tipi. Primo dilemma: cosa mai sarà questa cosa colorata e rotonda che ogni tanto mi arriva tra i piedi? Secondo dilemma: di questa cosa colorata e rotonda che mi arriva ogni tanto tra i piedi cosa dovrò mai farmene? Terzo dilemma: in questo verde campo ci sono altre persone che hanno la mia stessa maglia, mentre altre ne hanno una diversa, che senso ha tutto questo?

Ora, per fare un po’ di giusta storia, c’è da dire che con il precedente allenatore, il mai abbastanza rimpianto Butti, questi dubbi non erano per niente affiorati. Il Lecco giocava a calcio, quindi,  almeno si suppone, i giocatori sapevano perché erano lì in campo e cosa erano lì a fare. Poi, per una serie di vicissitudini  non ancora chiarite, hanno perso per strada queste elementari  nozioni calcistiche. Si è prodotta un’amnesia generale perché uno, anche soltanto uno, che sia in campo con la coscienza di saper cosa fare e come muoversi, non c’è.

Gran lavoro, perciò, per il nuovo mister, sempre questo tal Cotroneo. Noi che siamo stati per tanti anni maestri, insegnando l’abc anche ad alunni zucconi, possiamo in forza di tale esperienza, provare a dare dei consigli.  Egli dovrebbe innanzitutto prendere un pallone e mostrarlo ai suoi incantatati giocatori, dicendo loro che tale oggetto si chiama palla o sfera di   cuoio, che è più poetico, e che essendo rotondo (l’oggetto in questione) è pure infido, quindi da maneggiare con cura, perché fermarlo e plasmarlo sembra facile, ma non lo è. Poi, proseguendo, chiarire che con tale oggetto bisognerebbe fare gol, essendo questa la finalità del gioco per cui sono in campo con altri giocatori con la stessa maglia. Ora, e qui dirlo con voce suadente, il gol si fa in quell’altro oggetto, la porta, che si trova agli estremi del campo, per cui per arrivarci  bisogna, con la palla in questione, cercare di andare in avanti e non, come fanno ora, indietro o in orizzontale. Qui peraltro, deve ancora dire, ci sono, volendo,  soluzioni  diverse: la prima, e la più facile, è di passare la sfera ad un compagno smarcato, ma più avanti di te, la seconda, ma più complessa, è di saltare l’avversario con una cosa che si chiama dribbling e che crea quella che si definisce superiorità numerica. Poi, come si fa a scuola che delle spiegazioni che dai, gli alunni percepiscono sì e no il trenta per cento, prendi la palla e li metti lì a giocare, perché come si suole giustamente dire, val più la pratica che la grammatica.

E vada quel tal Cotroneo con i nostri consigli. Faccia giocare i suoi allievi e poi, quando essi vedono la porta, gli urli: tira, tira, che quelli magari lo fanno e sono pure ilari e contenti. Ieri tutto ciò a Olginate  non si è visto, tiri in porta non pervenuti, tanto che io e Beppe ci siamo posti nuovamente il problema che ci assilla ultimamente: ma a che gioco staranno mai giocando le squadre in campo?  Poi stamattina, prima di scrivere, mi chiedevo se proprio nessuna consolazione mi venisse da questo Lecco. E poi mi sono detto che una c’era: sono passate le feste e tutto è tornato come era prima, vista la continuità negativa tra la partita  a Gozzano e quella di ieri.  Ma la consolazione è finita lì con la successiva domanda: ma veramente una vita senza imprevisti è da preferire ad una vita che almeno un po’ di pepe ce lo mette dentro?

IL DISEGNO E’ DI ANDREA, SCOLARO CHE BERGAMO & SPORT RINGRAZIA