di Marco Bonfanti
Due temi si intrecciano nella giornata domenicale nella periferia bergamasca: le apparizioni e la partita. Si intrecciano perché il gol con cui il Lecco vince la partita a Mapello altro non è che un’apparizione in una terra, per l’appunto, di apparizioni ripetute. Quella del Lecco è invece una sola. Ma dell’apparizione ha tutte le caratteristiche. Perché cos’è un’apparizione se non un lampo a ciel sereno, una luce nel buio, un sorso d’acqua nel deserto, un fiore nella neve?
Il gol del Lecco è questo e non altro. Dentro una partita statica, poco mossa, blanda e ferma vien fuori questo tiro che finisce nella rete, in una partita che sembrava segnata dallo zero a zero. Entrambe le compagini, infatti, apparivano per l’appunto, più dominate dall’idea di non perdere che da quella di vincere. Quindi giocavano piuttosto chiuse, più propense a rompere il gioco avversario che a proporne uno proprio. La partita scorreva insonnolita, con il Mapello un po’ più audace, ma poco. Con un Mapello che, stante come erano le cose, non meritava di perdere. C’erano in ballo dei punti salvezza. Ma il portiere del Lecco ha fermato da par suo le, peraltro poche, incursioni avversarie. Poi i blu celesti hanno avuto l’occasione buona e l’hanno messa dentro. E noi, che avevamo santificato la mattina percorrendo a Bonate Sopra la via delle apparizioni, abbiamo battezzato il gol come una apparizione. Reale questa.
Perché le altre che avevamo visto e percorso erano pure farlocche. E questo ci ha interessato molto, perché, almeno per noi, era la prima volta che assistevamo a delle apparizioni sconfessate dalla Chiesa, la quale, almeno a quanto visto finora, ci è sempre sembrata assai generosa a riconoscere il vero della Madonna che viene e saluta.  Invece nel caso di Bonate, niente. Forse l’Adelaide Roncalli, la visionaria, di apparizioni ne ha avute troppe. Perchè sono ben tredici, numero che esula dalla normalità celeste.  O forse ha visto troppa gente, perché ad apparirle non si è limitata la sola Madonna, ma l’intera famiglia sacra.  E che, per una bambina per quanto simpatica, si muova tutto l’alto dei cieli, appare, francamente  poco credibile. Fatto sta che queste apparizioni, come mi sono poi documentato, non hanno avuto l’imprimatur, né allora, eravamo nel ’44, né poi. Ciò nonostante è sorto lì un luogo di culto, di una qualche associazione cattolica, di cui ho perso il nome. Ed è comunque una cosa interessante da vedere. Soprattutto le foto della piccola, sorridente e con un gran fiocco bianco tra i capelli. Che ci ha fatto dire: guarda come eravamo buffi. Guarda come è cambiato il mondo.
E di gente che venerava in quel luogo ce n’era pure. Noi poi però siamo andati a mangiare nel ristorante” Le Ghiaie”, che è pure il nome della zona dove avvenne il presunto, ma non riconosciuto miracolo. E abbiamo mangiato bene, cosicchè il viaggio calcistico, ma anche ecogastronomico  si è ben benedetto.
Poi siamo andati alla partita di cui abbiamo detto. Un gol, una vittoria, una salvezza ormai raggiunta e tutti a casa. Io ero, tra l’altro, anche molto interessato a vedere come avrebbe giocato il Mapello Bonate. Eh sì, perché la mattina prima di partire mi ero letto il giornale locale. E questo, il giornale appunto, in sede di presentazione della partita enumerava da par suo, tutti i moduli con cui aveva ultimamente giocato la squadra di casa.  Ve li riporto perché secondo me, vale la pena di conoscerli e di farci sopra una piccola riflessione finale.
Bene, secondo l’informato giornalista, il Mapello Bonate, negli ultimi tempi si era schierato in questi vari e assortiti modi: con il 3-4-3, con il 3-4-1-2, con il 4-4-1-1, con il 4-4-2 e con, giusto per finire, il 4-3-3. A parte l’elogio al giornalista, che ha visto cotanto andirivieni, una domanda sorge spontanea: non è che il Mapello  Bonate perde perché afflitto da una grave perturbazione numerica? Non è che anche che anche  a loro serva più che mai un’apparizione chiarificatrice?

(nella foto Carlo e Beppe dopo le apparizioni e prima dell’apparizione)