di Marco Bonfanti
Volendo, con la giusta professionalità, continuare a condurre questa rubrica che veleggia nel mare mosso della serie D,  mi sono deciso, tanto ci vanno anche gli altri amici, ad andare a vedere il Lecco pure in casa. Così ieri ci sono andato e memore della bella prestazione della nostra compagine contro la Castellana, nonostante le nuvole basse e gonfie, devo dire che, prima della partita ero sereno. Alla fine, invece, ero Seregno.

Infatti la squadra avversaria ha vinto facile, dominando quasi l’intera partita in lungo e in largo, facendo, come si suol dire, il bello e il cattivo tempo. Ha talmente dominato, e giocato bene, che io mi ero anche fatto l’idea che fosse ai vertici della classifica, invece poi uno allo stadio mi ha detto che era pure a pari punti con il Lecco. Il che è tutto dire. Ebbene potremmo piangerci addosso, ma questa pur  bruciante sconfitta ci ha pienamente illuminato sulla tattica calcistica del Lecco, segno che, il male mica viene solo per nuocere.

Come s’era già visto la scorsa domenica, essa (cioè la tattica) è questa: lasciar sfogare gli avversari, ponendosi come dei bellimbusti buoni a nulla e poi una volta sfogati, infilzarli come tordi allo spiedo. Peccato però che con il Castellana lo sfogamento altrui era durato venti minuti (e già erano sembrati troppi) e invece ieri ben settanta, con il che, e questo lo capisce pure un bambino,dopo è assai arduo rimontare e vincere, e facilmente da infilzatore si passa per infilzato. Questo è quello che è successo ieri: per settanta minuti il Lecco non ha giocato, limitandosi, al più, a dare una mano agli avversari, con tanti bei buchi, per rendere più efficaci le loro incursioni offensive. Ad un certo punto, su un rinvio balordo della nostra difesa, nello stadio si è sentito distintamente un grido chiarificatore: “Viva il Parroco!”, che, secondo me non era riferito solo all’atto scellerato del difensore, ma all’intera partita.

Per il Lecco era, infatti, quella una partita da “Viva il Parroco”, da sagra paesana, da festa della castagna, da polenta e costine. Una di quelle partite oratoriane, fatte sul finire della festa, dopo l’albero della cuccagna e giocate tra la panza piena e i fumi dell’alcol. Certo ci sono stati poi gli ultimi venti minuti della riscossa, forse dopo che s’era un poco affievolito il peso della mangiata, ma questa tardiva riscossa ha prodotto un solo gol,  mentre gli altri, nei nebbiosi tempi nostri ne avevano già segnati due. Il nostro mister, che un giornale locale in vena di gran fantasia, stamane  definisce privo di carisma, era ancora signorilmente vestito (come domenica scorsa: pullover blu, camicia bianca) e così, dopo un pareggio e una sconfitta, ci permettiamo di consigliargli di cambiarsi,  perché sembrerebbe che i raffinati vestiti portino una certa rogna. Ma questo è ovviamente il meno,  perché quello che dovrebbe fare è cambiare menù tattico dacchè  questa teoria dello sfogo non funziona.  Forse servirebbe di più avvisare i giocatori che la partita comincia dall’inizio, quindi che si diano da fare da subito, che tanto l’inganno furbo non paga.

E domenica c’è la trasferta  Borgomanero, squadra con un solo punto in classifica, quindi terra di conquista, almeno in teoria. Io mi sono già fatto un’idea su dove andare a mangiare, cercando un posto consono ne ho trovati due che ben si associano all’attuale potenza del Lecco, squadra di simil pensionati: la trattoria “Tiro a segno”e il Bar Ristorante “La Bocciofila”. Vedremo poi su quale dei due cadrà la scelta. Ieri uscendo dallo stadio, che si parlava un po’, Beppe ha detto: “Però ci siamo divertiti”. Poi abbiamo cambiato argomento e, tornando a casa, mi è venuto il dubbio a cosa si riferisse. Perché ci siamo divertiti? Per il nostro danzante parlare per tutta la partita (comunicare è pur sempre un divertimento) o per la compagnia di comici che avevamo visto in campo? Glielo chiederò, sulle strade verso il Piemonte, domenica prossima.

(nella foto Beppe Bonfanti, uno dei nostri quattro inviati, sugli spalti del Rigamonti Ceppi)