Atalanta supermilionaria. Altro che modesto, seppur virtuoso, club di provincia. La cessione di Dejan Kulusevski, nato a Stoccolma il 25 aprile del 2000 (in prestito al Parma), alla Juventus per quasi 45 milioni, bonus compresi, è stato, in questi giorni, l’ennesima vincita all’Enalotto del calcio da parte di Antonio e Luca Percassi. Un altro corposo salto di qualità del club nerazzurro, grazie all’esplosione di questo giovanotto di origini macedoni, che sembra un personaggio del film “Prima della pioggia” (Leone d’oro 1994) di Milco Mancevsky, protagonista a Parma di uno strepitoso girone d’andata, e che vedremo all’opera lunedì pomeriggio al Gewiss Stadium. Il suo passaggio alla Juve sta dividendo il popolo atalantino: perché non confermarlo, per la prossima stagione, in maglia nerazzurra, visto e considerato che Gomez ed Ilicic non sono più in tenera età, senza aver bisogno di girovagare per l’Europa in cerca di possibili campioni? Di contro: è stato un colpo da maestro cederlo per una cifra mai vista a Bergamo per un giocatore, un fuoriclasse nella Primavera, con sole tre presenze in serie A. Certamente le ragioni allignano da entrambi le parti ma è andata così. Amen. Invece sono opportune altre considerazioni riguardo l’Atalanta del futuro abbastanza prossimo. Nella lista delle città dei sedici club che partecipano agli ottavi di Champions Bergamo è all’ultimo posto con i suoi 122 mila (circa) abitanti, ben lontana dalle altre, tipo Lione o Manchester, che sono nei bassifondi della graduatoria per numero di cittadini. Ma per Bergamo, in modo particolare, è un dato non reale perché l’Atalanta ha tifosi per l’intera provincia abitata da 1.115.536 (dati Istat agosto 2019) cittadini. Non solo, ma Bergamo, insieme a Milano e a Brescia, rappresenta un’area industriale, economica, finanziaria e sociale, tra le più ricche e sviluppate d’Europa, che gode di una forte solidità amministrativa (centrodestra in regione, centrosinistra nelle città più importanti) senza risentire degli strappi e delle incertezze che lacerano i vari governi nazionali. Come non è un caso che la “proprietà” del club nerazzurro è sempre stata di imprenditori bergamaschi, dalla fondazione ad oggi, e dal dopoguerra i vari salti di qualità del club hanno visto l’imprimatur di personaggi come Turani, Tentorio, che hanno significato stabilità delle fondamenta, Bortolotti, padre e figlio, Miro Radici, con i primi sogni europei, Ruggeri, con la solidità societaria, e adesso Percassi padre e figlio con l’ingresso tra le grandi del mondo. Antonio Percassi è un imprenditore lungimirante che ha costruito il suo impero grazie ad una visione strategica internazionale, globale. Quindi non può più sciorinare il suo mantra ”Prima la salvezza”. A questo punto l’Atalanta ha tutto il diritto, e magari il dovere rispetto al suo appassionato popolo, di insediarsi nelle zone alte della classifica del campionato. Non significa scudetto o tutti gli anni la Champions. Vuol dire, invece, consapevolezza dei propri mezzi. La proprietà, l’organizzazione societaria e le strutture (Centro Bortolotti e stadio) sono all’avanguardia; l’allenatore, Gian Piero Gasperini, che ci ha permesso di entrare nell’élite del calcio europeo, l’abbiamo già, i giocatori anche, i risultati di più e il fatturato è ricco. Non manca nulla. E’ vero, i bergamaschi sono concreti e con i piedi che calpestano sempre la terra ma non si possono più fare passi indietro. La squadra deve essere consolidata verso traguardi più ambiziosi (che vuol dire tra le prime otto della serie A) e di conseguenza giocatori di questo livello. Non serve Mandzukic, tanto per citare un nome, magari Izzo, tanto per citarne un altro. Certo, gli ingaggi. Suvvia, non siamo la NBA.
Giacomo Mayer