Da sempre un’opera d’arte esalta l’animo umano. E in questo bislacco mondo contemporaneo anche una partita di calcio può essere considerata tale. Ecco, l’Atalanta nella quasi sperduta Kharkiv ha realizzato un’opera d’arte calcistica. Un gruppo di giocatori consci della loro forza, un allenatore visionario che ribalta antichi concetti tattici, un club organizzato come una azienda top compongono, da un po’ di tempo, questa esposizione nelle sale del Louvre pallonaro. Ecco, non bisogna arzigogolarsi granché il cervello per comprendere il successo dei nerazzurri sta in questa unità di intenti. Prima di partire per l’Ucraina un sano realismo allignava fra tutti noi perché si sapeva da tempo che battere lo Shakhtar sarebbe stata un’impresa al limite dell’impossibile considerando le assenze di tre calciatori fondamentali come Zapata, Ilicic, fermi per infortuni, e Toloi, squalificato. Non solo ma la formazione ucraina, oltre la rosa al completo, godeva di un’ invidiabile posizione di classifica. Da non sciupare. Invece è arrivata l’Atalanta che ha spedito gambe all’aria lo Shakhtar con un autonomo sostanziale aiuto del City che, a sua volta, ha seppellito di gol la Dinamo. E l’impossibile si è avverato con l’Atalanta che si è guadagnata gli ottavi di finale di Champions e sta seduta, pronta a sgomitare di nuovo, al desco delle grandi. Infatti solo noi e il Lipsia entriamo per la prima volta nel sancta santorum del calcio europeo, le altre quattordici sono già ricche di trofei o di top player. E in vista di lunedì (sorteggio a Nyon ore 17) impazza il toto avversario, dal Barcellona alle abbordabili, si fa per dire, Valencia e Lipsia. Pazientiamo ancora qualche giorno e poi capiremo dove ci porterà il sorteggio. Di sicuro la partita d’andata degli ottavi si giocherà a San Siro il 18/19 febbraio o 24/25 febbraio e poi il popolo atalantino si organizzerà per il ritorno girovagando lungo l’Europa. Intanto la partita di mercoledì sera a Kharkiv ha messo in mostra, ancora una volta, l’atteggiamento e la sagacia di questa Atalanta. Sulla scacchiera le pedine nerazzurre si sono mosse con grande attenzione e una vigilanza tattica oculata. Se Dodò e Tetè, scusate ma sembra una filastrocca carioca, sulla loro destra creavano ansie e grattacapi ai nostri Masiello e Gosens con le loro accelerazioni e sovrapposizioni, in mezzo De Roon, Freuler e un sempre più sontuoso Pasalic mettevano sul chi va là Alan Patrick e Stepanenko senza dimenticare, fra gli altri Palomino che ha stoppato Junior Moraes, protagonista solo di un micidiale colpo di testa sventato dal portentoso Gollini. E poi l’immenso Papu Gomez che nel secondo tempo ha ribaltato le gerarchie tattiche della partita. E sono arrivati i gol dei due esterni, Castagne e Gosens, e di un centrocampista, Pasalic che non hanno fatto rimpiangere Zapata e Ilicic. Godiamo.
Giacomo Mayer

(nella foto un sorridente Gasp col nostro Giacomo Mayer e con Fabio Gennari di RadioDea e Bergamo Post)