di Matteo Bonfanti
Ammetto che ci ho sperato. Me ne sarebbe bastato anche solo uno, persino quello che ha tanto lavorato nelle televisioni di Silvio B. Vederlo scendere dal Suv, con la camicetta all’ultima moda ma non vistosa, la moglie bella ma mai volgare e filmarlo mentre ferma l’esercito di giornalisti amici al seguito per rilasciare un’importante dichiarazione sulla questione. Quindi ascoltarlo, il mio cuore zeppo di speranza e lui, che ha quella faccia lì che è l’esatto mix tra George Clooney e mio zio Paolo Sala, che pronuncia la frase dei miei sogni con estrema tranquillità: “Quei rompicoglioni dei residenti vecchi e secchi di via Santa Caterina possono andarsene tranquillamente affanculo e ciucciarmi le palle a tempo perso magari il venerdì sera così non scassano la minchia ai commercianti che lavorano e ai ragazzi che si divertono”. Poche parole e io che piango commosso, svengo dalla felicità, mi riprendo e ordino a Fulvio e Lori del Divina “champagne per tutti”, almeno sette bottiglie per ubriacare l’intera congrega di giovani democristiani che Giorgio Gori ha messo in lista.
Come chi legge sa, sulla questione del Borgo il candidato a sindaco ex Mediaset non ha proferito nessun pensiero stupendo, ma ha ricalcato le scelte di chi amministra la città da cinque anni, Franco Tentorio, o la presa di posizione dell’uomo scelto per l’occasione (elettorale) dalla rete grillina Marcello Zenoni. Si sta dalla parte dei residenti che protestano, promettendogli pattugliamenti e più silenzio, questo perché gli abitanti, adesso come adesso, fanno comodo: sono anziani, si recano al seggio e dichiarano di essere in quattrocento. Vista dal centro cittadino pare una marea di gente, chi, come me, sta da otto anni al civico numero 3 di via Santa Caterina sa che non è così: chi è in guerra è una minoranza, ma è arrabbiata, ha antiche ruggini e ce la mette tutta per moltiplicarsi, pressandoti per farti firmare l’ennesima petizione, infilandotela persino nella cassetta della posta.
Questi bergamaschi vogliono ammazzare il Borgo, i suoi locali, l’allegria, le due cose che mi hanno fatto scegliere di stare lì. E lo fanno per antipatie, egoismo ed egocentrismo. Insomma per i cazzi loro. L’esempio sono i miei vicini. Moglie e marito sono arrivati che il Divina c’era già da parecchi anni ed hanno iniziato a inviargli ogni tipo di controllo: le lettere dell’amministratore, i tecnici dell’Arpa, la polizia, rendendogli la vita difficilissima. Perché? Il motivo è semplice: la signora desidera dormire con la finestra aperta e ci riesce solo se in strada non sente volare nemmeno una mosca. E’ giusto che la giunta comunale stia dalla parte della donna che, ovviamente, non sopporta neppure l’allegro vociare dei venerdì di festa?
E’ profondamente sbagliato e succede solo a Bergamo. Immaginiamo che la coppia fosse andata a vivere sui Navigli o in Piazza delle Erbe: cosa avrebbero fatto Pisapia e Tosi? Avrebbero inviato l’esercito nelle storiche vie del divertimento per preservare il lungo sonno della pensionata? Avrebbero proibito l’aperitivo? Lo Spritz? Il Prosecco? La gioventù? Raffaella Carrà? La salsa? Il tango? David Bowie?
Ovviamente no. Come quando un altro vicino ci ha scritto una lunga e piccata mail dicendoci che non avevamo rispetto di lui perché aveva visto il nostro bambino, al tempo tre anni, ora sette, fare la pipì nel tombino del cortile. Cosa avrei dovuto fare? Avessi seguito l’esempio dei nostri candidati a sindaco avrei dovuto risolvere il problema alla radice, tagliando il pisello al mio Vinicio. Non l’ho fatto perché sono consapevole che c’è chi protesta sempre e comunque, un po’ perché gli piace, un po’ perché fa una fatica boia a convivere. Così una volta è l’auto, l’altra la gatta, l’altra ancora i piccolini che giocano. Ma esiste anche il buon senso. Su alcune cose ci si può venire incontro, su altre è impossibile. Perché un bimbino che la fa, mette al massimo tenerezza, ai più non smuove alcunché, di certo non fa sentire offeso.
Chi ragiona in modo tranquillo trova via Santa Caterina una strada simpatica, un po’ più viva delle altre, non è Sodoma,  non è Gomorra, ma manco Beirut. Gori, Tentorio e Zenoni vedessero Mathew Street a Liverpool o Soho a Londra, andassero a farsi un giretto a Medellin o a Buenos Aires o a Rio. Là si che c’è un bel casino. E i turisti ci vanno. A far festa. Ci fosse da noi. Che poi dovevamo diventare capitale europea della cultura. E per l’operazione, subito fallita, la nostra giunta ha speso diverse centinaia di migliaia dei nostri euro. Sono stato in città europee che hanno avuto il titolo e non hanno nessun’opera in più di Bergamo, nessun quadro migliore, nessun luogo incantevole paragonabile a Città Alta. Ma hanno l’accoglienza. Che sono i locali del centro aperti fino a tardi. A Gloucester Road sentivo jazz alle quattro di mattina, a Barcellona stavo a ballare ed erano, forse, le nove e un quarto, sicuramente del giorno dopo. Quei bar lavorano e danno lavoro. Lo stesso fa il Divina sotto casa mia e io non sento niente. Scendo e ordino una Ceres, felice che a due passi ci sia un poco di compagnia. Tiene lontano i ladri e gli assassini. E a me i malviventi non sono mai entrati in casa.
Quindi d’ora in avanti inviterò Gori, Tentorio e Zenoni tutti i santi giorni a mangiare a casa mia. Tenendoli a dormire, l’uno accanto all’altro, sul mio divano che diventa un comodo lettone. Voglio scommettere con loro, sono pronto a dargli cinquanta euro a ogni schiamazzo che li sveglia, cento euro per ogni ubriaco che vedono che non si regge in piedi, ma che piscia dappertutto, duecento euro per i giovani che gli bloccano il passaggio e che non li fanno passare dalla via. So che vincerei un sacco di soldi e loro imparerebbero che un buon amministratore deve vedere (o non vedere) le cose di persona anche se in ballo ci sono quattrocento (presunti) voti.