L’ho già detto che sono soddisfatto di lavorare per l’Atb? Se non l’ho ancora fatto lo dichiaro adesso.

Certo, come in tutti i luoghi di lavoro vi sono lati negativi e positivi ma bisogna soppesarli, metterli a confronto, porli sulla bilancia e vedere qual è il piattino che scende. Il mio, come dicevo pocanzi, è in positivo nonostante la consuetudine porti ad una riduzione e, talvolta, ad un ribaltamento della valutazione iniziale. Prima di entrare nello specifico riporto un esempio che mi riguarda e tengo nel cuore: anni fa, nel lontano 1992, più precisamente il 25 dicembre, mi trovavo in adunata per fare il saluto alla bandiera durante il servizio militare. Erano le cinque o le sei o le sette di mattina, non lo so e non mi interessa saperlo, ricordo solamente cosa mi frullasse in testa:

“Tra vent’anni ripenserai con nostalgia alla leva obbligatoria ma ricorda che adesso sei qui, a Natale, e stai schiattando dal freddo”.

Oltre a questo, via Naja, ho vissuto altri momenti “tristi” che mi hanno aiutato ad imprimere quel pensiero in memoria tanto a fondo che non l’ho più dimenticato e, Alzheimer permettendo, mi aiuterà ancora per molti anni a ponderare le mie esperienze, non solo lavorative, perché utile a non farmi muovere giudizi affrettati.

Riprendo adesso il discorso iniziale con il primo giorno passato in Atb in cui mantenni il sorriso sulle labbra e l’espressione da ebete, chiedendomi se fosse tutto vero perché non mi sembrava di trovarmi in un luogo di lavoro.

Alt un attimo!

Ovviamente non era e non è così la realtà delle cose, lo sottolineo prima che venga crocifisso dai colleghi: i primi giorni sono totalmente e necessariamente incentrati sulla conoscenza delle meccaniche che regolano il grande organismo di cui sono parte, e quell’esclamazione stava ad evidenziare la lontananza che sentivo con le mie passate esperienze lavorative. Un esempio: qui all’Atb puoi arrivare a conoscere con mesi di anticipo esattamente cosa andrai a fare il tal giorno ed alla tal ora. Un fatto strabiliante, organizzativamente parlando, come confermerebbero i miei ex colleghi, abituati come me a conoscere l’orario di partenza quando scaduto già da un’ora (non per niente la ditta dov’ero è fallita). Questo, appunto per tornare a quanto asserito in precedenza, ha inciso tantissimo sulla valutazione del nuovo lavoro in Atb. Adesso però, trascorsi quasi quattro anni dopo l’abituale adattamento, posso comunque affermare che la pendenza è ancora a favore del piattino contrassegnato dal “più”.

Questa però è la mia di impressione ma, ascoltando colleghi in azienda da molti più anni di me, li sento parlare di magagne quali tempi di percorrenza, soste ai capolinea, mezzi inadeguati, servizi igienici, lamentandosi inoltre per la scarsa considerazione che non tiene conto della responsabilità addossata ai dipendenti in servizio di linea e alla spada di Damocle dell’omicidio stradale. Ritengo opportuno non entrare ulteriormente nel merito perché questo esula dalle mie competenze: in azienda disponiamo di un comitato interno denominato RSU, infinitamente più titolato del sottoscritto, in cui vi sono persone valide che, nel limite del possibile, lavorano per il nostro interesse. Ritengo però doveroso commentare alcune voci riguardanti discussioni accese con la dirigenza relative alla presunta emergenza Covid-19 sulla dotazione delle mascherine, nonché all’introduzione della catenella che separa la zona anteriore del bus dal resto della vettura. Tengo a precisare che non posso confermare tali dicerie ma, a prescindere, voglio esprimere un’opinione: io credo che, per come mi è giunta, l’espressione “accese discussioni” sia inadeguata perché, oltre ad essere svantaggiosa per le parti, dipinge una dirigenza lontana dalle esigenze di noi lavoratori e legata solo al proprio interesse. L’Atb invece è una grande azienda in cui coesistono persone capaci che lavorano giornalmente per uno stesso fine il quale, paradossalmente, conduce ad inevitabili divergenze di opinione che però restano, e devono rimanere, nell’ambito di un pacato confronto. 

Detto questo confido di non aver offeso nessuno ribadendo che il dialogo è la via da perseguire mentre la sua assenza (e ve lo dice un divorziato) è la morte di qualsivoglia rapporto.

Marcus Joseph Bax