di Tebaldo Billy Bigliardi

Questa volta è la fine:  la filosofia zemaniana dopo oltre  un trentennio di conflitti e contrasti fra doping, calcioscommesse e scandali vari che hanno diviso il Paese fra puristi del gioco e spregiudicati del risultato a ogni costo  è arrivata inesorabilmente al capolinea. C’è da dire con un senso di onestà intellettuale che questa volta a fare precipitare gli eventi non sono  stati  né complotti, né inciuci, cose che nella capitale dalla Roma imperiale in poi sono sempre stati  all’ordine del giorno. A far chiudere Zemanlandia la spietatezza ed il senso più cinico del suicidio di squadra  che il fato abbia mai prodotto negli ultimi anni. L’uscita harakiri del portiere romanista domenica farebbe impallidire persino il più devoto dei samurai, spazzando ogni dubbio remoto su un atto di malafede per la sua mostruosa platealità. Alla fine il Maestro ha pagato le conseguenze, giusto o sbagliato che sia questo è il calcio in Italia e come per il grande filosofo Seneca (neanche farlo apposta uno dei massimi esponenti dello stoicismo) anche per il Boemo è arrivata  la seconda e definitiva condanna  a “morte” . Il ciclo romano  è terminato in modo definitivo e brutale  e vedendo la partita e gli errori della squadra  è facile dedurre che le responsabilità dell’allenatore  hanno poco a che fare con l’organizzazione,  gli schemi e qualsiasi altro motivo tattico.

E’ sicuramente vero che le squadre di Zeman sono sempre votate all’offensiva  a discapito  di quella difensiva, ma da qui a scaricare solo su di lui tutte le responsabilità   ce ne vuole. Nonostante tutto, leggo sui giornali della grande solidarietà dei tifosi  nei confronti del Boemo   anche da parte dei dirigenti ed allora dico perché esonerarlo? Maestri come lui  devono essere tutelati  perché è uno degli ultimi illuminati rimasti nell’intero universo calcistico   cambiandogli anche  ruolo se necessario, ma sarebbe un sacrilegio perdere la purezza, l’esperienza,  la preparazione  ed il talento di questo immenso uomo di sport, sarebbe come perderne l’essenza. Io personalmente ho avuto Zeman come allenatore e maestro  nel lontano 1980,  (aimè come passa il tempo) nella Primavera del Palermo, non sto a raccontare i sacrifici che all’inizio feci per entrare in sintonia con la sua mentalità,  cito solo questo aneddoto; il primo giorno di ritiro ad Enna con la Primavera palermitana andammo all’autodromo di Pergusa e fece i gruppi di lavoro, quando giunse il mio turno, mi disse: “Billi, fai tre giri di pista”, io ero contento, pensai: “Cacchio tre giri di pista soltanto!”. Capii dopo il primo rettilineo ….. l’autodromo di Pergusa è di 7 km, tutto ovviamente in asfalto con 30 gradi centigradi di temperatura, finii alle 2 del pomeriggio, allucinato. Zeman aveva messo subito le cose in chiaro. Capimmo nell’arco dell’anno che per raggiungere degli obiettivi  non esistono scorciatoie, ma solo il lavoro ed il sacrificio. Giocavamo a zona totale quando anche in serie A si “usava” il libero staccato ed il fuorigioco, Zeman, voleva che lo attuassimo come arma offensiva, allenandoci fino allo sfinimento. Usavamo gli stessi schemi delle squadre olandesi di qualche anno prima e spesso uscivamo dal campo  con i complimenti di tutti , arbitro e segnalinee compresi, a congratularsi con noi per la perfezione dei fuorigioco. Dopo le giovanili partì, come sua abitudine, dalla C2 siciliana, salì ben presto di categoria portando il Licata in Serie B, poi il Foggia dei miracoli, il resto è storia recente: grandi battaglie contro le lobby del potere e la corruzione, contro il doping , paladino dei deboli contro i potenti.

Hanno cercato di fargliela pagare, in classico stile italico, con l’isolamento, cercando di scovare qualcosa nella sua vita, ma ovviamente è inattaccabile. Integralista, è il nomignolo che spesso gli hanno attribuito  solo perché ha predicato l’onestà  cercando di tutelare  non solo la giustizia, ma anche la salute degli atleti. Poi quando  tutto sembrava finito, con il fallimentare ritorno a Foggia in serie C, ecco la resurrezione, la resurrezione dei giusti, la promozione col Pescara e la valorizzazione dei giovani che hanno sollevato chissà per quanti anni la situazione finanziaria della società abruzzese, in barba alle grasse stock option dei manager di MPS. Non finirò mai di ringraziare questo esule ceko che ho avuto la fortuna di avere come riferimento nella vita, non solo come atleta, ma soprattutto come uomo: aver avuto un educatore  in un’età particolare e delicata è stato un privilegio, per questo lancio il mio grido che spero arrivi alle alte cariche federali: non perdete uomini di questo valore, in federazione avete bisogno di maestri come questi, lasciate perdere le raccomandazioni politiche, gli ex calciatori amici degli amici, semmai, fateli convivere, lasciatelo insegnare e fondare una nuova scuola di sport. E non perdete questa occasione di rinascita.