L’intraprendenza di alcuni giovani impegnati nel sociale ha fatto sì che due sabati fa, dopo quarant’anni esatti, Patrizio Fariselli tornasse a Zingonia per un giorno. Il pianista degli Area ha prima incontrato  i ragazzi della scuola  media  e poi si è unito a noi, amici di un tempo, per una mini zingarata. Nei giorni precedenti l’evento,   noi  che, a differenza di  Patrizio, a Zingonia siamo rimasti a perdere  l’audacia e le lunghe chiome,  abbiamo pensato di dar  vita ad una frenetica  caccia al ricordo. Trascurato il presente con i suoi mille inganni, abbiamo  ricordato con tanta forza  da riuscire, tra le altre cose, a far riemergere due registrazioni inedite degli Area dimenticate in cantina.
Gli insegnanti ci sono sembrati davvero entusiasti e hanno apprezzato moltissimo la disponibilità dell’artista. Noi, invece, uomini di cultura essenziale  e per niente artisti, pensavamo solo alla bella  giornata, che era lì pronta ad attenderci, certi che sarebbe stata ricca di racconti  e priva di preoccupazioni.  Abbiamo vissuto con la convinzione   che quel giorno la spensieratezza ci avrebbe amato per qualche ora,  fino a quando, una volta entrati  nell’auditorium della scuola,  ci è toccato raccontare  la Zingonia dei primi anni  Settanta  e,  soprattutto, descrivere quale fosse il nostro stato d’animo, poveri e paracadutati su di un’isola in mezzo al nulla. Quegli  studenti, che hanno più o meno l’età che avevo io quando sono arrivato a Zingonia, si sono mostrati straordinariamente interessati  e curiosi,  al punto che a Patrizio due ore non sono bastate per  rispondere a tutte le loro domande. Ho rivisto la stessa voglia che animava noi ragazzi giunti da tutta Italia in un paese che sembrava non appartenere a nessuno, ma che intimamente sentivamo  nostro.
Un brivido mi ha percorso  la schiena, quando mi è parso di riconoscere le voci di quegli amici che parlavano con nostalgia  di quel che avevano lasciato  mentre provavano ad  amare quel che avevano trovato. Ho persino dovuto confessare, davanti a duecento ragazzi, di aver pianto per una settimana, quando, rassegnato e dopo aver guardato il cielo, ho ripiegato il paracadute. Sì, perché il paracadute ti salva la vita, ma non vola ed io in quel momento avevo capito che non avrei più potuto tornare indietro.
Non torneranno indietro neppure gli studenti della scuola media di Zingonia, perché è qui che costruiranno  il loro futuro .Facciamo in modo che ci riescano.
Evro Carosi