Atalanta certo, ma non solo. Si chiude un 2017 carico di soddisfazioni per lo sport bergamasco. Ma inevitabilmente non potevano mancare amarezze e lutti, oltre alle immancabili sorprese e incredibili exploit. Dalla A alla Z, ecco un piccolo condensato dei momenti cruciali vissuti lungo quest’anno, ormai giunto al capolinea.
Albergoni (Marco): la precedenza a chi sta primo. Potevamo pure cominciare con la A di Mario Astolfi per raccontare uno dei duelli più affascinanti di questo 2017 e che, evidentemente, ha tutto da raccontare nell’anno a venire. Da una parte il Bergamo Longuelo di Marco Albergoni, che prosegue nella propria crescita e dall’alto del primato conquistato al giro di boa del torneo (Prima categoria) risalta come squadra da battere per il girone di ritorno. Dall’altro, la Falco Albino, costruita con i favori del pronostico e che dopo il titolo incamerato in Seconda vuole proseguire la propria scalata. Albergoni contro Astolfi, a mo’ di allievo contro il maestro, ma anche Fabio Locatelli contro Nicola Radici. Insomma, la favola contro la leggenda. Di fronte, due modi di pensare il calcio diametralmente opposti, ma con un tratto comune riconducibile alla smania di ritagliarsi il trionfo più atteso.
Brignoli (Alberto): l’anno d’oro per il calcio bergamasco, almeno ripensando alle gesta compiute dall’Atalanta, passa anche per la prodezza del portiere del Benevento. Trescorese doc, cresciuto tra Sarnico e Grumellese, Brignoli si è regalato una domenica di gloria con lo spettacolare colpo di testa che ha inchiodato sul pari il Milan e sancito il primo punto in Serie A dei campani.
Comotti (Giovanni): se ne è andato uno dei presidenti più stimati, una di quelle figure che, oltre a poter vantare competenza e umanità, garantiva alla società sportiva di riferimento, il Calcio Brusaporto, quella piacevole dimensione di famiglia allargata. Tutto ruotava intorno a lui, alla sua laboriosità, alla spasmodica necessità di sapere che tutto filasse per il verso giusto. Anche quando, purtroppo, la malattia cominciava a presentare un conto salatissimo. Quanto ci ha lasciato patron Comotti è già sotto l’occhio di tutti. Basti pensare alle prodezze del settore giovanile gialloblu. Ma il bello (o il brutto) deve ancora venire. Perché se è vero che certi vuoti appaiono incolmabili, serviranno la stessa determinazione e la stessa passione che Comotti ha profuso, per non disperdere quel miracolo sportivo, che è oggi il Brusaporto.
Dj Fabo: la sua storia ci ha fatto emozionare e commuovere. Non servono giri di parole per affermare che la vita è una sola. E soprattutto è di chi la vive. Non di chi si arroga il diritto di caricarla di troppi arzigogoli filosofici o teologici.
EuroAtalanta: il trionfo, l’apoteosi, ma soprattutto la miglior prodezza, del calcio italiano, in un 2017 contraddistinto da svariate delusioni, in primis la mancata qualificazione dell’Italia ai Mondiali di Russia. Gioco frizzante, arioso ma anche tanta determinazione e l’ostinata volontà di non precludersi nulla, a partire da una qualificazione ai sedicesimi di Europa League su cui, ad agosto, in pochi avrebbero scommesso. Difficile trovare interpreti più meritevoli di altri, in un contesto che pensa e agisce in perfetta armonia, ma di certo c’è la crescita, caparbia e meticolosa, vissuta lungo una stagione e mezza. Chiedere, per credere, alla vicina Milano: Inter e Milan ancora si domandano cosa sia la programmazione.
Fratelli Giorgi (Team): un’annata stratosferica, che vale da miglior regalo per i vent’anni di fondazione. Una storia fatta di crescita graduale e costante, fino al posto di primissimo piano raggiunto nel panorama del ciclismo giovanile nazionale. E fino al portentoso bottino raggiunto quest’anno: 35 vittorie e 13 titoli, tra Allievi e Juniores. Negli Allievi (25 vittorie, 10 titoli) nessuno aveva mai fatto tanto, negli ultimi vent’anni.
Goggia (Sofia): un autentico exploit. Suo il record di punti per un’atleta italiana in Coppa del Mondo; suo il nuovo record (battuta una certa Deborah Compagnoni) di tredici podi in una stagione; sua anche l’unica medaglia azzurra ai Mondiali di Sankt Moritz. Atleta polivalente, ma soprattutto combattente, se pensiamo ai tanti infortuni occorsi agli albori di una carriera fattasi, con il 2017, scintillante. Dopo il terzo posto nella generale della scorsa stagione, ora serve confermarsi, provando nel contempo ad alzare l’asticella.
Hayden (Nicky): se ne è andato un campione molto amato delle motociclette e, come troppo spesso accade alle stelle della velocità, il destino porta in dote un’amara legge del contrappasso. Morire in bicicletta, a causa dell’impatto con un’auto andata oltre i limiti consentiti, lascia davvero tanto sgomento.
Ilicic (Josip): cosa ne sarà di un’Atalanta che dopo aver imparato il Tango argentino sta assimilando il genio balcanico? Spesso tacciato di essere scostante, il talento sloveno sta ottenendo sotto le Mura Venete il massimo attestato di stima, a suon di serpentine ubriacanti e tiri al fulmicotone. Bergamo se lo coccola (e se lo tiene), mentre lui impara a essere decisivo. Se non sempre, almeno di frequente.
Juventus: tanto bella e vincente, quanto incompiuta, almeno fintanto che non arriva la consacrazione sul proscenio europeo. Certo è che l’assedio bianconero, nella bolgia dello Juventus Stadium, con tanto di 7-8 giocatori attestati a cavallo della linea dell’area, permane uno degli eventi più adrenalinici del grigio, e spesso letargico, campionato italiano.
Kane (Harry): 39 gol in Premier League nell’anno solare, con tanti saluti a quella leggenda vivente che è Alan Shearer, che salgono a 56 considerando tutte le competizioni, tra le quali una certa Champions League. Una volta tanto, Messi e Cristiano Ronaldo possono restare a guardare, mentre per la Juventus, attesa agli ottavi dal Tottenham, scatta il campanello d’allarme. Hurri…Kane.
Lallio: su tutto, la cavalcata vincente che ha riportato i ragazzi di Danilo Paolati in Seconda. Ma una volta raggiunto l’obiettivo, società e ambiente non si sono fatti travolgere dall’euforia, fiutando i nuovi rischi e dispensando da subito l’impatto ottimale. La posizione a metà graduatoria, in un girone pieno zeppo di corazzate dagli alti propositi, lascia presagire anzitutto un sereno avvenire, per una squadra chiamata alla prudenza e al basso profilo.
Mura (Gianni): una digressione. Inserire, tra gli articoli a pagamento, una delle pietre miliari del giornalismo di fine-anno, quale “I Cento nomi” di Gianni Mura, grida semplicemente vendetta. O, in tema di politicamente corretto, chiama l’acido (vedasi querelle Travaglio-Annibali). In cui sciogliere determinati modi di fare informazione.
Narcos: la miglior Serie Tv, per distacco. E gli intrighi di quegli anni, a Medellin e dintorni, ribadiscono una volta di più come il pallone, pur non essendo la cosa più importante, rappresenti lo specchio ideale per raccontare la collettività, a partire da eccessi e malefatte.
Or. Villongo: non sfugga l’acronimo d’apertura, perché questo Villongo più vince e più pare intenzionato a tenersi la propria dimensione, con un pallone dalla spiccata valenza sociale. Dopo aver fatto un sol boccone del campionato di Prima, i Reds – o Red Devils, a seconda delle simpatie – stanno ben figurando anche in Promozione, con un quarto posto al giro di boa che è primariamente frutto del lavoro d’equipe e della programmazione. Il tutto, senza trascurare un settore giovanile abbondante e votato alle migliorie, attraverso un pool di allenatori e preparatori sempre più qualificato. Con o senza selezioni di sorta, la formula magica è sempre la stessa: in pochi comandano – vedasi la “Triade” composta da Signorelli, Plebani e Potassa – in tanti ricevono gli input e vanno sul campo.
Pellegris (Roberto): prima il gol per la salvezza dello Scanzo, giunto in una delle domeniche più trafelate che può capitare a un papà-giocatore, vedasi la Comunione della figlia, poi lo storico traguardo delle 300 reti, in una carriera da applausi. Passano gli anni ma lo score è sempre lusinghiero, tanto che ora, a festeggiare insieme al bomber di Grassobbio, c’è il Verdello di Alberto Luzzana; nobile realtà del nostro calcio, chiamata al definitivo salto di qualità. O se vogliamo, di categoria. Giù il cappello.
Qualificazioni a Russia 2018: la “rumba” presa dalla Spagna, prima del precipitoso evolversi degli eventi. Spareggio in doppia gara con la Svezia, gli scandinavi segnano, noi no, con tanti saluti all’appuntamento più atteso, il Mondiale, che dal 1958 non poteva prescindere dalla partecipazione azzurra. Poi l’esonero di Ventura e le dimissioni di Tavecchio, con tanto di presidenza federale tuttora vacante. L’anno-zero del calcio italiano è servito. Ma tutto questo basterà, perché si possa intravedere la fatidica svolta?
Recino (Giorgio): prendete uno dei bomber più prolifici dell’ultimo decennio e accasatelo in una delle regine del dilettantismo, capace di infilare qualificazioni in serie ai playoff di Serie D, il Pontisola. Le due parti sono subito convolate a giuste nozze e se da un lato la prudenza consiglia di smorzare roboanti proclami per i Blues di Giacomo Curioni, “Re Giorgio” Recino si conferma una sublime certezza, tanto più quando va a parare sulla nostra provincia. Dopo i fasti di Mapello, ecco per lui l’approvazione di un esigente proscenio quale il “Matteo Legler”. E il gol in rovesciata al Ciserano vale probabilmente da perla dell’anno.
Sirmet Telgate: la grande novità proposta dal 2017, un mix di competenza ed entusiasmo che, strizzando l’occhiolino alla celeberrima Intim Helen, prefigura un progetto autorevole, naturalmente vincente, ma soprattutto duraturo. Di mezzo, alcune figure-chiave della recente storia del dilettantismo, a partire dagli ex Grumellese Scaburri e Vescovi, ma anche gli ex Foresto Gregori e Brignoli, accompagnati da un diesse giovane ma già rodato e navigato, avviato verso la consacrazione, Michele Bizioli. In estate ci hanno stupito, vedasi la tempistica di un progetto decollato in un batter d’occhio. Sul mercato ci hanno fatto sognare: Frassine – che novità per il pallone orobico! – ad agosto, Sala e Facchinetti a dicembre. Ma quel che più conta è l’immediato riscontro ottenuto sul campo: titolo di campione d’inverno e tante buone sensazioni per l’avvenire.
Treviglio (ACOS): la faccia che ride del calcio di Treviglio. Con una Trevigliese inguaiata nei bassifondi della graduatoria e avvolta da troppi enigmi, il 2017 giallonero racconta di uno storico salto – il primo nella storia del sodalizio – in Promozione e di un girone di andata chiuso, da matricola impenitente, a una sola lunghezza dalla zona-playoff. Tanto entusiasmo, naturalmente, personificato da una figura a caccia della meritata consacrazione quale mister Cristiano Redaelli, ma anche importanti risvolti sociali, in una realtà davvero capace di aprire le porte a tutti, con le armi della competenza, dell’organizzazione e dell’aggregazione.
Ugo Fantozzi: se ne è andato Paolo Villaggio, ma il suo personaggio più famoso, tra i più cult della scena comica italiana, vivrà per sempre nel nostro modo di raccontare la società, con i suoi paradossi, le sue ingiustizie, le sue megalomanie. Com’è umano, Ragioniere.
Valenti (Nicola): il capitolo-Scanzo è già stato parzialmente toccato, ma una menzione a parte spetta al suo insuperabile condottiero. Condurre in porto la salvezza, tanto più in una categoria infida e altolocata come la Serie D, non è semplice per nessuno. Figuriamoci per uno che un lavoro e una famiglia ce li ha e di soddisfazioni a livello calcistico ne ha avute a iosa, lungo una carriera dilettantistica di prim’ordine. Ma Nicola Valenti – professione antennista, una moglie e due figli – è differente. Testa bassa, denti stretti e orgoglio da vendere, anche nelle rigide serate invernali nelle quali la squadra è chiamata ad allenarsi. Alcuni accusano lo Scanzo di essersi un po’ imborghesito. Ma con la salvezza maturata la scorsa stagione, quando i più davano per spacciati i giallorossi fin da dicembre, la favola di mister Valenti diventa uno schiaffo ai professionisti…e ai professoroni.
Weah (George): l’ex stella milanista, unico calciatore africano a vincere il Pallone d’Oro, è stato eletto nei giorni scorsi Presidente della Liberia. Immediata scatta l’operazione-nostalgia, per un calcio che non c’è più. Per “King George”, spesosi sempre in prima persona per le sorti del proprio Paese, il verdetto più atteso, frutto anzitutto di quella caparbietà che gli riconoscemmo già lungo la carriera da giocatore.
Xenofobia: parola di drammatica attualità, che a dispetto di una matrice antichissima, non smette di evocare fantasmi e paure che noi, insieme a chi ci governa, dovremmo imparare a governare.
Yacouba Karambiri: punto fermo e imprescindibile di una Virescit votata al top. Squadra fresca e carica di entusiasmo, plasmata da uno dei tecnici emergenti del palcoscenico dilettantistico, Andrea Fadigati, e imperniata attorno ad alcune certezze che, dato anagrafico alla mano, hanno ancora tanto da raccontare e dimostrare.
Zana (Nicola): l’emblema di quel contingente che l’Eccellenza se l’è conquistata sul campo, a dispetto del cambio di casacca e della maxi-operazione intavolata, nell’estate delle fusioni, sull’asse Stezzano-Mapello. Giocatore di grande temperamento, pronto a dire la sua anche in proiezione offensiva; pedina inamovibile sullo scacchiere, rossoblu o gialloblu che sia, di mister Pietro Parati, un altro abituato ad anteporre i fatti alle parole.
Nikolas Semperboni