La scorsa primavera ricevetti una telefonata. Era una donna con un accento romano che mi chiamava da Firenze. Io ero in macchina con il vivavoce, ma con il navigatore del telefono che mi indicava la strada con la solita voce femminile e decisa. Sembrava il mio ambiente, il mercato, due donne che mi parlavano insieme, ed io accondiscendente come sempre. Mi stavo dirigendo in un paese della bassa bergamasca, per raggiungere il “mio” massaggiatore di fiducia che prima faceva massaggi a domicilio, ma il lettino ambulante l’aveva abbandonato ed allora lo stavo raggiungendo io a casa sua. Giorgio è un ragazzone di quasi due metri, grande e grosso, con un viso deciso, il corpo  pieno di tatuaggi, il suo aspetto è burbero però fa da contraltare al suo animo gentile e sensibile. La telefonata mi costringeva a spegnere il navigatore, la ragazza al telefono aveva già detto qualcosa che però io avevo ignorato, dando priorità alla ragazza del navigatore che mi stava parlando prima, sì perché a me capita di non distinguere più la realtà delle cose con tutta questa tecnologia che ha inquinato il mio essere. L’unica cosa che avevo capito era “lei, signor Trocchia, ha vinto il primo premio FAIR PLAY Davide Astori”.

La macchina mi stava portando chissà dove e mi sembrava di sentire la ragazza del navigatore che esclamava “azzarola che figata” con la solita voce suadente… Ero evidentemente in tilt, anche perché la ragazza al telefono continuava dicendomi che vincendo questo premio avevo di diritto la presenza nella HALL OF FAME di Coverciano.

Mi disse che ero invitato due giorni a Coverciano e che insieme a me quel giorno sarebbero stati premiati Totti, Allegri, Zanetti, Rizzoli ed altri ancora, e che avremmo pranzato insieme per andare alla cerimonia tutti insieme. Io insieme a tutti quei mostri sacri… Non mi pareva vero, il mio essere una persona educata e civile mi aveva spinto fino ai grandi del calcio italiano. Il mio intento era solo educare allo sport i ragazzi, con l’aiuto dei genitori. Quel giorno arrivò ed io ero emozionato come un bambino, stavo pranzando allo stesso tavolo con Rizzoli, il grande arbitro, Zanetti, Totti, Ferlaino, Lippi e tanti altri, ma la mia attenzione venne colpita da due signori che avevano lo sguardo come il mio, nobile e semplice. Erano sulla sessantina, il loro viso non era conosciuto, quindi non ero l’unico non famoso, e questo mi rincuorava, chiesi allora a Totti se sapeva chi fossero, ma senza nemmeno parlare e con una smorfia della bocca con le estremità della stessa verso il basso, mi fece capire che non lo sapeva, continuando a masticare il raviolo che aveva appena addentato.

Dopo il pranzo ci dirigemmo verso Firenze con le auto blu, per la premiazione, io fui l’ ultimo ad essere premiato, dopo Milena Bartolini, CT della nazionale femminile. Partì un video di presentazione del mio premio, che era ovviamente dedicato a DAVIDE ASTORI, ero felice ma sentii singhiozzare due anime dietro di me, poi un timido pianto, fu solo allora che capii chi fossero quei due signori, indiscreti e nobili, i genitori del campione di fair play. Annunciarono il mio nome, finalmente tutti i VIP, che avevano pranzato con me scoprirono chi io fossi e che ci facevo lì al tavolo con loro, sì perché per tutto il tempo che avevamo trascorso insieme nessuno, tranne Rizzoli, nessun’altro mi aveva chiesto nulla. Salii su quel palco, accanto a me Mancini che mi guardava con ammirazione, dovevo lasciare un cimelio per la hall of fame, sorpresi tutti lasciando l’album delle figurine dei miei ragazzi, perché tutti insieme finissimo nella stanza dei famosi. Al momento della premiazione una ragazza bellissima si avvicinò a me ed al padre di Davide che forse per la troppa emozione pensò che quella coppa di cristallo fosse per lui, nella foto si vede bene che accenno un  timido tentativo di tirare la coppa verso di me, ma invano.

Il papà di Davide tornò dalla moglie con la coppa in mano, tra il pubblico. Qualcuno dei giurati, tutti direttori delle più prestigiose testate giornalistiche nazionali, mi invitarono a recarmi dal papà di Astori per riprendermi il premio. E proprio in quel momento, sentì la moglie, che era rimasta seduta al proprio posto ad aspettarlo, dirgli “a la lè mia la tò la copa”, solo in quell’ istante quell’omone visivamente commosso ed emozionato si rese conto che la coppa era per me, chiedendomi scusa.

I due genitori del campione di San Pellegrino mi avevano avvolto con il loro bergamasco, io approfittai di loro per sapere come avevano fatto a crescere un campione educato e sensibile. Il mio essere istruttore aveva bisogno di sapere come si fa, per dare dei consigli a tutti quei genitori che si trovano a far crescere attraverso il calcio il proprio bambino. Rimasi estasiato dalla semplicità delle loro risposte sincere, come ascoltare una canzone di Vasco. Di quel giorno, quello in cui sono entrato nella Hall of fame, ho dei ricordi indelebili, Totti, Zanetti, Allegri, tutte star senza sensibilità e pieni di loro, per me le vere star furono quei due signori sconosciuti che piangevano nel ricordo del loro amato figlio scomparso, del quale io mi fregio del primo titolo FAIR PLAY a lui dedicato e farò di tutto per onorare il suo ricordo.

Igor Trocchia