Vivo nel posto dei miei sogni, il mio Paese delle Meraviglie, Bergamo, la bellissima ragazza alta e bionda che mi ha aperto le braccia, le sue montagne baciate dal sole, vent’anni fa quando ero un ragazzino timido, impacciato, insicuro e sfigato. Mi ha accolto, coccolato, accarezzato gli occhi e l’anima, persino lo stomaco quando andava tutto male. Mi ha dato ogni volta la mano, soprattutto se non la meritavo, accompagnandomi senza paura lungo i miei sentieri zeppi di ombre, di segreti e di solitudine. Ha applaudito i miei successi, ha nascosto i miei fallimenti. Mi ha amato tanto e così a lungo da farmi sentire unico al mondo. Mi ha consegnato la sua gente, allegra e forte, un riparo che manco pensavo potesse esserci davvero, dico in carne e ossa.
Eppure resta questa strada in fondo al cuore. A volte batte forte, mi chiede del mio barrio, a Lecco, in Viale Turati, appena sopra al lago. Certe sere ne ho bisogno da impazzire e allora parto con la Pandona inseguendo le stelle che stanno sopra la Briantea. Mi indicano la strada di casa, che è quel piccolo appartamento in cui sono nato. Ha addosso quel profumo freddo e irresistibile del lago, il Lario, ha i visi dei miei amici d’infanzia, ha i primi calci a un pallone, ha il Subbuteo, le Micromachines e i baci disgraziati. Ha i Cent’anni di solitudine di mio padre. Ha la metà esatta delle mie parole.
Scrivo per lavoro, la sola cosa che so fare e che mi piace, sono nel luogo più bello in Italia e in più con le persone giuste, i bergamaschi, meravigliosi compagni di viaggio, rari, tra i pochissimi che non hanno paura di battere le mani, eppure un giorno al mese sento la nostalgia della terra disperata che mi ha messo al mondo. E mollo tutto, correndo a perdifiato, per ascoltarne il dolcissimo silenzio. E sono un ragazzo fortunato, che sto appena a quaranta chilometri, un’ora in macchina passata a cantare sottovoce “Come potete giudicar per i capelli che portiamo”, “La pioggia che va”, “Bang Bang” e “C’è una strana espressione nei tuoi occhi”.
E penso a quei due politici famosi, un uomo e una donna senza cultura e senza pietà, che odiano i migranti che scappano dalla guerra e dalla fame. Vivessero l’emozione di certe sere, smetterebbero per sempre di parlare.
Matteo Bonfanti
Nella foto: oggi nel mio barrio, il mio lago